Può bastare una canzone, un'immagine (meglio la combinazione delle due) a farti decidere di andare a cinema a vedere un film di cui conosci a malapena il titolo?
Ovviamente si, quando la canzone è The passenger, cantata da Iggy Pop, e l'immagine è il volto di Sean Penn truccato da sfatta rockstar.
"Se pure il film non mi dovesse piacere, ne sarà sempre valsa la pena vederlo per la colonna sonora.", ho pensato, ma, infondo infondo (non troppo, direi), il rossetto e il rimmel su quel caleidoscopio indecifrabile che è il volto di Cheyenne mi avevano già conquistata.
E in effetti la colonna sonora -in cui la presenza di David Byrne è predominante- è talmente bella che me la sono comprata!
Melodie da ascoltare al chiar di luna così come su un'auto in corsa in un pomeriggio deserto e assolato, ma che si sposano perfettamente alle situazioni della storia in cui sono inserite.
Non è il primo film che vedo, di Paolo Sorrentino, ma certe volte non basta la fama o la trama, a convincerti.
E infatti, questa volta è stato il film! ;)))
Ma l'ho detto: se non fosse stato per quella fusione riuscita di Robert Smith e Ozzy Osbourne con gli occhioni azzurri di Sean Penn (si,si, ce li ha proprio così! :DDD) e per la mia (forse insana) passione per la voce di Iggy Pop (e pure per i suoi occhioni!), beh, forse 'This must be the place' non me lo sarei andato mai a vedere.
E sarebbe stato un peccato! ;)))
La storia in sè è semplice, ma, attraverso i personaggi, secondo me più potenti della storia stessa, tratta, con ironia e intelligenza, temi non proprio leggeri.
E una malinconia dolce, che si fonde con il ridicolo quotidiano (e questa mia espressione è da prendere in senso positivo), rende il tutto molto personalmente vissuto. Ti fa entrare facilmente in sintonia col protagonista, pur se da lontano, perché, nella totalità, non è semplice immedesimarsi in una inattiva rockstar che se ne va in giro con un carrellino per la spesa come una vecchietta con la sciatica. Eppure, paradossalmente, ci si riesce, e i suoi sentimenti diventano automaticamente i nostri, così come le scelte che fa. (Certe, non tutte, anche se, in effetti, giudicare le idiosincrasie degli altri è presuntuoso e ingiusto.)
Cheyenne è una persona buona e normale, in fin dei conti positiva, seppure con le sue stranezze; soprattutto per i suoi rimpianti.
Adeguati a lui sono gli altri: dalla moglie alla figlia dell'amica -forse un ex amore di gioventù- a questa donna stessa, al cameriere innamorato (della ragazzina!), quelli che costituiscono il 'suo' quotidiano.
Poi ci sono gli altri, coloro che è costretto dai fatti improvvisi della vita, a dover affrontare, a doversi confrontare con.
Si matura a tutte le età, se ci si rende conto di volerlo fare: e Cheyenne lo fa, e chi gli sta attorno lo accetterà ancora.
Come ho già detto: i personaggi e le loro storie mi piacciono più della storia nel film.
Questo vale pure per il criminale nazista, carnefice (morale), ma allo stesso tempo vittima, del padre di Cheyenne.
'This must be the place'. Talking Heads. Speaking in tongues.
L'ho canticchiata tutte le volte che veniva suonata, ma solo una volta a casa mi sono resa conto che la conoscevo non solo perché la conoscevo, ma anche e soprattutto perché il disco ce l'ho! ;PPP
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