mercoledì 31 luglio 2019

Perla datata

2007: è l'anno di uscita di 'Scream' dei Tokio Hotel, l'album di debutto in Europa della band tedesca, formatasi nel 2001 e che ha assunto questo nome nel 2004, l'unico album del gruppo, che, in cd, possiedo.
Siamo nel 2019, fate un po' due conti, e ditemi se non sembra strano anche a voi, di sentir dire da dei giovincelli, femmine e maschi, davanti all'espositore coi cd dei suddetti: "Li ascoltavo, ma adesso non più.", come se il loro vissuto non fosse equivalente a quello della band.
(I motivi della scelta li lascio a loro, ma sottolineo il tono con cui la frase, che poteva benissimo essere completata con un lecito 'da bambina', viene profferita.)

La pesca (gialla)

Stavo scrivendo (a mano) uno dei paragrafi [4,8] di 'Stelle', quando ho avuto bisogno di controllare un dato che si trovava in uno dei paragrafi [4,7] (stampati). Nel cercare il passo che mi serviva, mi sono ritrovata a leggere la descrizione del dolce che ha preparato uno dei personaggi. Questa era talmente invitante che me ne ha fatto venire la voglia! Ma... il dolce in questione ha la forma di una pesca bianca e, soprattutto, ne contiene la polpa, e io, le pesche, per quanto possano piacermi esteticamente ed avere un buon odore, non le mangio, né le bianche, né, a maggior ragione, quelle gialle. (Queste ultime, nella sangria, che pure proprio a causa loro non bevo volentieri, faccio finta di non vederle e le scarto.)
Mai sono state la mia frutta preferita, le pesche, e questo è un dato di fatto, ma la repulsione per quella gialla ha un motivo, seppur di natura psicologica, concreto, 'trasportato' a quelle bianche che però, per un periodo, limitatamente ad un frutto o due all'anno, quindi, facendo un conto generoso stiamo parlando, forse, di una quindicina di frutti nell'arco della mia vita fino ad adesso, più per amore verso mio padre che per piacere, sono riuscita a mangiare.
Il 'trauma' si verificò nel dopo-continuo pranzo di una giornata estiva della mia infanzia.
Ricordo, come fosse ieri, il bicchiere coi pezzi di pesca gialla dentro (scivolano sul piatto degli adulti, figuriamoci su quello dei bambini, il bicchiere le tiene a bada) e io che, volente o nolente, invogliata a farlo all'aria aperta piuttosto che al tavolo, purché lo faccia, sono sul balcone, forchetta in mano a mangiarli, quando ecco che uno zanzarone (probabilmente un tipulide) si posa su uno dei pezzi e, innocentemente, ci sta qualche secondo di troppo, il tempo giusto perché io lo noti e ne sia irrimediabilmente disgustata. La bestia vola poi via, ed essendosene andata, per chi mi vuol far mangiare la pesca non c'è ragione perché io non continui a farlo. E probabilmente era così. Se sulla pesca ci si fosse posata un'ape o una farfalla non avrei fatto storie e magari a quest'ora ne avrei mangiata qualcuna in più, ma lo zanzarone, con la sua andatura e il suo 'peso' molle, dettato più dalla sua conformazione che dalla massa reale... no! No, no, no!
Però mi toccò mangiare la porzione di pesca, quasi tutta, almeno. E dopo mi venne la nausea. (E se ripenso alla cosa mi viene ancora!) E vomitai.
Ma la mia spiegazione relativa alla causa e all'effetto, a causa della presunta epatite contratta da due bambini, più piccoli e con cui non avevamo contatti, che abitavano nel palazzo, fu presa con leggerezza, e tenuta in nessuna considerazione anche col prevalere del buon senso dopo la stretta osservazione del mio stato di salute nei giorni immediatamente successivi.
Anche successivamente, del resto, davanti alla richiesta della motivazione del mio rifiuto di mangiare pesche, la verità non ha mai ottenuto consensi. Il perché non lo so, ma una cosa è certa: non c'è possibilità che io ne mangi. (Da tanto non assaggio più neanche quelle bianche!)
Per affinità di stagione di consumo e di colore, non mangio anche le albicocche.
Di queste ultime, però, tramando una sorta di vendetta simbolica (usare le pesche sarebbe stato troppo ovvio), ne ho fatto, proprio in 'Stelle' , la bestia nera di Andrè.
[Quanto si può essere crudeli coi propri personaggi preferiti?]
Concludo con un'ultima curiosità: non mangio volentieri le cose nei bicchieri.
Ah, ma questo mi sembra piuttosto ovvio, mi tengo alla larga dagli zanzaroni.

venerdì 5 luglio 2019

Dàimones - 'Il mostro'

Dany & Dany  - Dàimones: Vis Arcana, capitolo 1 : Il mostro - Làmia comics
 
Non sempre  si riesce a portare avanti il lavoro nei tempi che ci si è prefissati: ci sono impedimenti che non si può far altro che subire, ma quando nel lavoro c'è qualità, i lettori affezionati sanno aspettare. Se poi questa fedeltà viene premiata con un primo capitolo e una gallery da urlo, la fedeltà si trasforma in devozione.
'Il mostro', facendo proseguire con accortezza e precisione la storia, ci prospetta sviluppi interessanti e ci fa porre interrogativi fondamentali, sia sulla trama che sui personaggi, perché, davvero, tutto è molto più complesso e affascinante di quel che appare.
Quest'edizione limitata e numerata, la cui gallery, a colori, ricca di ben diciassette illustrazioni, di cui due a doppia pagina, che la carta scelta fa risaltare magnificamente, ha anche un piccolo post-credit scene, il cui protagonista è Kael bambino, che è un vero e proprio gioiellino.
Una particolare nota di merito è la cura con cui Dany O. e Dany S. confezionano sempre i loro prodotti per la spedizione.

mercoledì 3 luglio 2019

'Un certo Paul Darrigrand'

Philippe Besson  - Un certo Paul Darrigrand -  Guanda
 
Una foto ritrovata. Un ricordo. Due ragazzi.
La loro storia d'amore: breve, intensa, significativa.
E descritta da Philippe Besson in prima persona, che continua, così, la fase biografica delle sue narrazioni, iniziata con 'Non mentirmi', raccontando dell'anno di specializzazione post laurea trascorso a Bordeaux, dove conosce, allievo dell'altro corso, Paul Darrigrand, col quale, a sorpresa, è subito 'storia', è subito 'amore'.
Un amore dei più difficili, perché Paul è sposato con Isabelle, e, per quanto possa sembrare strano e inverosimile ai più, ama entrambi.
La loro relazione procede, quindi, in clandestinità, mentre la loro amicizia è sotto gli occhi di tutti, anche della stessa Isabelle. Poi succede l'imprevedibile: Philippe si ammala, e la prima paura è che sia sieropositivo. Non lo è, ma la situazione è altrettanto grave e si risolverà, molti mesi e molte cure fallite dopo, con un'operazione.
Nel frattempo, la storia con Paul subirà prima una modifica, per lo stage di Paul a Parigi, e poi, quando tutto sembrerà risolversi per il meglio, si chiuderà definitivamente.
La svolta autobiografica non cambia lo stile di Philippe Besson, semplice, intenso ed efficace, ma ne accentua il carattere episodico, mostrando, come in un album fotografico, le immagini che raccontano l'accaduto, quelle che si legano al suo vissuto letterario, e quelle precedenti o successive, nel tempo, relative ad esso. E' la stessa, intelligente, tipologia di narrazione utilizzata in 'Non mentirmi', che risulta piacevole alla lettura perché è in grado di conciliare la curiosità per l'accadimento personale con l'interesse per la storia, e che riesce a trasformare Philippe Besson, insieme alle altre persone di cui parla, in personaggio di se stesso, con le sue paure, i suoi dubbi, i suoi sentimenti, le sue emozioni.
Questo percorso 'nuovo' di scrittura, forse per la spontaneità di resa e per il legame con le sue opere letterarie prettamente 'romanzesche', non fa ripiangere queste, ma, anzi, ce ne fa apprezzare, a posteriori, la bellezza, facendoci valorizzare il lavoro, di trasposizione dalla realtà e di trasformazione in finzione dei fatti, del loro autore.