domenica 15 dicembre 2019

Samsara & The art of Zel Carboni

E' difficile fare una recensione senza avere il soggetto fra le mani, ma questo è un caso un po' particolare, perché, pur non avendo ancora davanti a me il libro: 'Samsara - Skin on skin' di Zel Carboni, ho i primi quattro volumi di 'Samsara' e conosco dal web le illustrazioni che Zel Carboni ha fatto nel corso degli anni per esso.
'Samsara' è, come recita la presentazione da parte degli autori, il collettivo AWE [supportabile su www.patreon.com/samsara ] su http://www.samsarathecomic.com/ e/o sulla pagina facebook di Samsara the comic, una storia d'amore. E l'amore è quello fra Mason e Lasse, che si rincorrono nel tempo e nello spazio, attraverso diverse vite con una sola certezza: il loro amore è più forte di qualsiasi altra cosa.
L'opera è una graphic novel a contenuto erotico (+18) che è possibile seguire, in lingua inglese, capitolo dopo capitolo, sul sito indicato sopra, ma la cui stampa, in cinque volumi, di cui quattro già pubblicati, anche in italiano, è stata possibile grazie al contributo offerto su Kickstarter.
La storia, anzi, 'le' storie di cui Mason e Lasse sono protagonisti, sono avvincenti e coinvolgenti e la loro rappresentazione attraverso il tratto pieno e corposo di Zel Carboni, 'le' rende tridimensionali e vive.
Non sono un'amante del colore nel fumetto, ma 'Samsara' è differente e, al di là della bellezza dei fatti narrati si legge agilmente e con piacere.
Mi piacciono, invece, gli artbook colorati, e questo 'Samsara - Skin on skin' [100pagine, in formato 16,8 x 24 , cartonato e disponibile sia in italiano che in inglese] si preannuncia come una magnifica sorpresa, dove oltre alle bellissime e sensuali illustrazioni dell'universo di 'Samsara' si potrà conoscere anche il percorso artistico e personale di Zel.
La campagna di raccolta fondi per 'Samsara - Skin on skin' capitolo che completa la cinquina, ma godibilissimo anche  separatamente, parte domani, 16 dicembre 2019 su Kickstarter. Io ci sarò.
Un assaggio piccolo piccolo,  senza bisogno di censure, di ciò che ci attende:
 

venerdì 29 novembre 2019

Dal filobus

E' che, per me, la foto in movimento, soprattutto di sera, ha un fascino strano, a cui non so resistere.
 
 

giovedì 28 novembre 2019

Stelle

Quando non si scrivono pagine nuove, si mettono in bella quelle vecchie.
 
 

Colori d'autunno








lunedì 25 novembre 2019

venerdì 22 novembre 2019

Orto

Con tutta l'acqua di novembre, nonostante le piante non si mostrino fresche e pimpanti, i peperoncini e i pomodorini lo sono!
 
 

Cose da cani

Sono fuori zona, in un' altra città, non posso conoscerlo.
Lo vedo correre come un pazzo e arrestarsi, poco davanti a me, quando, alle spalle di qualcuno che è entrato, il portone delle scale di un palazzo che affaccia sulla strada, si sta chiudendo in maniera da non permettergli di entrare.
Nulla di inconsueto, quando c'è la brutta abitudine di far andare a fare 'la passeggiata' ai cani da soli.
Mi fermo e lo guardo, faccio anche una sorta di segno al tipo che è entrato, ma è troppo lontano per prestarmi attenzione.
Il cagnetto mi guarda e comincia ad abbaiare, indicandomi la porta chiusa.
'Lo so, bello mio!', gli dico, osservando il collare, 'Ma non so a chi bussare!'.
Lui non vuol sentire ragioni e comincia ad annusarmi.
Poi abbaia.
'Non hai la targhetta col nome e cognome.', gli dico ancora, 'A chi busso? Mica posso citofonare a tutti!'.
Protesta abbaiando, sospira stizzito alla maniera dei cani e, sempre alla maniera dei cani mi manda dove vuole mandarmi.
Allora riprendo la mia strada.
Mi segue per un po', e ogni tanto mi manda un'occhiataccia.
Ad un certo punto prende la corsa. Lo vedo raggiungere un albero sul marciapiedi, usarlo come toilette e tornare frettolosamente sui suoi passi. Evitandomi, però.
Come se gli avessi fatto un'offesa mortale e imperdonabile.

giovedì 14 novembre 2019

'La lingua perduta delle gru'

David Leavitt - La lingua perduta delle gru - Oscar Mondadori
 
"Perché Jerene ne era convinta, ciascuno, a modo suo, trova ciò che deve amare, e lo ama; ... qualunque sia la cosa che amiamo, è quello che noi siamo."
 
Jerene è colei che divide la casa con Eliot, l'amante di Philip, figlio voluto e amato di Owen e Rose.
Sta portando avanti un'interminabile tesi sui linguaggi inventati, quando si imbatte nella storia di un bambino, che, nella situazione di abbandono in cui viveva, ha trovato conforto e insegnamento di vita nel farsi auto-adottare dalle gru di un cantiere.
E' questa, dunque, la domanda che David Leavitt ci pone: siamo tutti nella stessa condizione del bambino-gru, anche se non ce ne rendiamo pienamente conto, quando facciamo in modo che il mondo che ci circonda ci crei a sua immagine e somiglianza? Ma la nostra vera natura, in quel caso, non viene alterata?
Utilizzando questa chiave di lettura, per il romanzo, la risposta può essere solo 'sì', per entrambe le domande.
Owen, Rose e Philip  sono una famiglia come tante, affiatata e soddisfatta, ma i cui componenti, presi singolarmente celano segreti che, potenzialmente, potrebbero metterne a rischio la stabilità.
Segreti che scaturiscono dal non detto, dal celato perché non accettato dalla società e quindi da se stessi. Segreti che però, in definitiva, non sono del tutto tali, perché, nel momento in cui vengono svelati, risultano tali a chi li mantiene e non a chi li si rivela, anche se questi ne acquisiscono consapevolezza solo in quel determinato momento.
Così, c'è, da parte di Owen, il rimorso per aver costruito il matrimonio sulla base di una bugia sessuale, che viene compensato dal tradimento, da parte di Rose, che scaturisce dall'insoddisfazione fisica procurata da tale bugia, e il celare, da parte di Philip, la propria inclinazione sessuale.
Il rapporto fra i tre, come famiglia, però, non è conflittuale, in quanto ognuno di loro vive la propria vita all'interno di essa, Owen e Rose celando apertamente i propri segreti, Philip nascondendoli solo ai suoi genitori, nonostante l'interazione interpersonale difetti nel rispetto reciproco, nella comprensione e nell'accettazione.
Owen è, a modo suo, la  figura più patetica, ma anche la più tenera.
In perenne conflitto con se stesso, conduce una doppia vita, cercando di tenere separati i due aspetti di essa, senza rendersi conto che il punto di unione fra essi è costituito da lui medesimo.
E' decisamente affine, a Rose, ci sta bene insieme, ma, incapace di instaurare con lei un completamento reciproco dal punto di vista sessuale, non riesce ad avere con lei la confidenza e la complicità necessarie per manifestarglielo.
Rose è vittima consapevole di uno stile di vita preconcetto e rassicurante che impedisce l'esternazione dei sentimenti più intimi, pur giustificando azioni eclatanti.
La scoperta dell'omosessualità di marito e figlio la getta in una realtà ostile ed estranea che potrebbe non essere una condizione così estrema se lei avesse in sé i mezzi per affrontarla in maniera meno drastica.
Philip è forse la figura, allo stesso tempo, più difficile e più facile da comprendere: si cela alla famiglia, si rivela al mondo.
La sua intrinseca ambiguità, costituita da una falsa pienezza di sé e una dichiarata insicurezza, però, lo presenta in maniera equamente gradevole e molesta a chi gli sta intorno, suscitando sentimenti contrastanti che non risolvono a suo favore le situazioni.
Eliot è, invece, la figura più chiara e più limpida, al di là delle prerogative del suo carattere.
Brad è il ragazzo della porta accanto: la stabilità capace di riportare in una dimensione giornaliera e rassicurante la vita di Philip.
'La lingua perduta delle gru' descrive le dinamiche familiari, l'omosessualità e l'influenza dell'AIDS su di essa, negli anni ottanta. Se dal punto di vista del contenuto 'storico' può sembrare una visione 'datata', non lo è, però, né per gli argomenti, né per come essi vengono trattati: l'essere umano è sempre l'essere umano, e, sostanzialmente, il suo rapportarsi a se stesso e al mondo che lo circonda non cambia.
 

giovedì 24 ottobre 2019

'Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle stop'

Fannie Flagg - Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop - (ed. CDE 1995)
 
Alabama, Whistle Stop 1929-1967
Alabama, Birmingham 1985-1986
Whistle Stop è una cittadina nata lungo la ferrovia: al di qua vivono i bianchi, al di là i neri, ma, in pratica, tra i due gruppi, la convivenza è pacifica. Nel giugno del 1929, Idgie (Imogene), una delle figlie della famiglia Threadgoode, proprietaria dell'unico negozio della città, dove si può trovare di tutto, e Ruth Jamison vi aprono un caffè, nel quale, dalla porta sul retro, a dispetto di tutte le leggi, vengono serviti anche i neri.
A Birmingham c'è la casa di riposo 'Rose Terrace', dove, per fare compagnia alla vicina di casa in attesa che si abitui, vive Virginia, Ninny, Threadgoode, vedova di Cleo, e dunque cognata di Idgie, con cui, fra uno strappo dolce e uno salato alla dieta, farà amicizia Evelyn Couch, mentre la suocera, anch'essa ricoverata lì, si gode in solitudine la compagnia del figlio.
Questi i luoghi principali in cui si svolgono, raccontate attraverso il giornale settimanale del luogo, la voce narrante e i ricordi di Ninny, le vicende legate a chi gestisce e a chi frequenta il caffè, e quelle legate alla casa di riposo durante il fiorire dell'amicizia tra Ninny e Evelyn.
Le diverse fonti forniscono diverse visioni degli avvenimenti, fornendo al lettore un quadro, se non completo, almeno vario, ma tutte convergono nell'immagine che viene fuori dei Threadgoode: una famiglia speciale, che, con il proprio modo di essere riesce a condizionare la piccola società di cui fa parte. E così, la generosità, l'accoglienza, l'umanità, permettono, coll'esempio, di creare un mondo in cui fra bianchi e neri non c'è alcuna differenza, anche se una parvenza di diversità deve essere formalmente mantenuta per il bene di tutti, in cui, ad una ragazza che si ritrova ad essere responsabile della donna che ama e del di lei figlio, un padre dà la possibilità economica per impiantare un' attività che le permetta di mantenere la sua famiglia.
I valori dei Threadgoode si insinuano talmente in profondità nell'animo di chi li frequenta che anche i membri del Ku Klux Klan di zona finiscono per difendere i neri di Whistle Stop contro membri esterni, perché sono 'i loro'.
E l'età non affievolisce i sentimenti, così che Ninny, nonostante la nostalgia della casa e delle sue cose, di fronte all'assopita Evelyn, comprendendone i problemi, si sente in dovere di risvegliarla alla vita. Tra il racconto e l'ascolto, Whistle Stop le unisce e le fa diventare parte della stessa comunità.
E questo paesino lungo la ferrovia, fonte di bene e di male nella vita dei suoi abitanti, nell'Alabama del primo quarto del secolo scorso così come in quella nell'ultimo, diventa l'immagine di un posto dove lo scorrere della vita viene affrontato al meglio, nonostante le difficoltà e i momenti brutti si alternino a quelli belli e alle cose positive.
'Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop' è una lettura piacevole e confortante.
Tolleranza, equità, amicizia, amore, sono i valori che questa storia propone all'attenzione del lettore.
Valori senza tempo e senza luogo.
E, in quest'ottica val la pena di ricordare che il Copyright by Fannie Flagg (Birmingham, 1944) è del 1987.

venerdì 4 ottobre 2019

Colori d'ottobre

Dopo il temporale, per caso, alzi gli occhi e ti si manifesta in cielo uno spettacolo inimmaginabile.
 
 
 

giovedì 26 settembre 2019

Alzare lo sguardo

Ogni tanto, se si guarda in alto, si scopre qualcosa di bello!
 
 

Stelle

Si procede a rilento, ma si procede, prendendo decisioni narrative anche di una certa rilevanza.
 
 

Pesci

Questi due vorrebbero girare per la stanza, me lo fanno capire ogni volta che possono, ma il meglio che posso offrire loro e di cui hanno dovuto accontentarsi, è una vasca più grande.
 

P:S.: 'A pesci donati bisogna provvedere.'
 

'Il potere del cane'

Thomas Savage - Il potere del cane - Beat
 
1925, il West, non più selvaggio, dei ranches e delle riserve indiane.
Del ranch più grande della valle sono proprietari i fratelli Phil, il maggiore, e George, il minore, Burbank. Diversi quanto più è possibile, fisicamente, mentalmente e nel carattere, ma fratelli: un legame che ha il suo valore, nel bene e nel male.
Cresciuti e vissuti assieme, fra loro si è creato un equilibrio che ha la prevalenza sulle discordanze e sulle prevaricazioni: è l'individuo più 'forte' che sembra dominare, ma è quello più 'resistente' a non subire.
Phil, a ragione dei suoi talenti, è pieno di sé, e lo fa pesare a tutti, nonostante l'apparenza amichevole con cui tratta gli altri.
George non fraternizza, vive nel suo mondo, ma ha a cuore gli altri.
Phil è arrogante ed esasperante, George è riservato e privo del senso dell'umorismo.
Dalla cuoca ai braccianti e ai cowboys, tutti i dipendenti sono entità al di fuori del duo formato dai fratelli-soci.
All'improvviso ed imprevedibilmente, però, la tranquilla monotonia della loro vita finisce: George si innamora e sposa Rose, la vedova del dottore, alcolista e morto suicida, molti anni prima, in seguito ad uno scontro verbale con Phil, e accoglie nella famiglia il figlio di lei, Peter.
Il conflitto fra Phil e la moglie del fratello scoppia immediatamente, e, alla buona volontà della donna, Phil oppone silenzio, disprezzo e azioni subdole che porteranno Rose sull'orlo della rovina, ma, nella sua battaglia contro di lei, Phil troverà un avversario altrettanto abile: Peter.
Narrato con scioltezza, precisione e accorta sinteticità, attraverso immagini dirette ed essenziali, a volte crude, ma sempre solo funzionalmente al racconto, 'Il potere del cane' ci racconta azioni e sentimenti di un mondo particolare: quello dei mandriani.
Un mondo prevalentemente maschile, con le sue maschili regole.
Phil e George vi appartengono, ma, essendo intimamente diversi, le vivono in maniera diversa.
O meglio: esse agiscono in maniera differente sui loro caratteri.
L' 'appartenere' a questo mondo di 'uomini', seppur col distacco dovuto alla sua cultura, alla sua bravura in mille campi, probabilmente alla sua omosessualità, vissuta come ammirazione per un modello di uomo con cui è venuto in contatto non si sa a quale grado di fisicità, è lo scopo della vita di Phil, anche a costo di rinnegare la sua più intima natura.
Quello di George è, invece, far sì che questo mondo, che, con semplicità, accetta invece che subire, non sia in contrasto con quello suo intimo, proprio, aperto all'amore per una donna e al rispetto per gli altri.
Altra manifestazione del suo disagio interiore, di cui, forse, neanche è pienamente cosciente, è il possessivo e vessatorio legame di Phil col fratello.
Anche in questo caso, George utilizza l'unica arma che ha: l'amore, consapevole ma incondizionato, che gli permette di subire senza cedere, di ignorare e vivere.
Il personaggio di Rose è la crepa nel loro rapporto, ma, in virtù della sua natura, avrebbe potuto essere un legame ancora più forte, se non avesse, incolpevolmente, messo in crisi l'instabile identità di Phil.
Questi cerca, allora, nel figlio di lei un'arma per colpirla mortalmente, ma il ragazzo, pur se schernito per la sua 'sensibilità', causa, questa, probabilmente, di un'inconsapevole attrazione di Phil per lui, si dimostra essere un avversario terribile e fatale, di gran lunga più astuto di lui.

sabato 24 agosto 2019

'Middlesex'

Jeffrey Eugenides - Middlesex - Oscar Mondadori
 
Middlesex: la casa, situata nei quartieri residenziali dei sobborghi di Detroit, in cui gli Stephanides si trasferiscono nel 1967, dopo i tumulti razziali.
"Una casa a forma di scatola, troppo moderna", col "salotto ribassato", la "serra adiacente alla sala da pranzo", ma, soprattutto, dove "le finestre non mancano". Ha pure un bagno turco e una casetta per gli ospiti, oltre, ovviamente, al giardino.
E' la casa dove Calliope -Callie- Stephanides, bambina, fa la conoscenza con Clementine, la sua coetanea, vicina di casa, da cui avrà il primo bacio.
Bacio che viene raccontato con la  stessa leggerezza e la stessa ironia che Calliope utilizza per raccontare tutta la sua storia, compresi i suoi amori, partendo da quelle origini, da cui (probabilmente) i racconti di famiglia le permettono di parlare: i suoi nonni.
Non è una storia facile, quella della sua famiglia, che parte, dalla fine dell'estate del 1922, in Asia Minore, a Bitinio, da dove Desdemona Stephanides e suo fratello Eleutherios,  per fuggire dalla guerra, scappano, e sul battello che li porta in America, coronano il loro sogno d'amore sposandosi; né lo è la sua, in cui la mutazione di un gene, cosa non rara nel villaggio originario, si manifesta, facendola nascere ermafrodito con cariotipo XY.
Calliope, cioè, cresciuta come Callie fino ai quattordici anni, quando, in seguito ad un incidente, viene ricoverata in ospedale, scopre, e con lei i suoi genitori, quello "che sapev(a) da sempre e allo stesso modo non sapev(a)", che, in realtà, è anche, e con più intensità ma meno consapevolezza, Cal.
E' di quest'altra sua natura il tono della voce narrante dell'intera vicenda, che alterna il suo presente alla storia della famiglia Stephanides, ma poiché Cal e Callie sono la stessa persona, anche se nel parlare del vissuto, negli anni, i due toni si alternano e si distinguono, l'unita individuale di Calliope si mantiene stabile.
Il racconto scorre piacevole e coinvolgente, mettendoci a conoscenza di amori, paure e segreti di tre generazioni di Stephanides, in un contesto storico significativo, senza mai annoiare, sconvolgere o mettere in imbarazzo il lettore, nonostante la notevole quantità di situazioni (apparentemente) fuori dal comune, grazie alla naturalezza e alla logicità propria delle stesse, con cui vengono proposte alla sua attenzione.
Middlesex, la terra di mezzo (fra Essex e Wessex), può tranquillamente essere usata come gioco di parole per indicare la via di mezzo fra i due sessi, che li contiene entrambi, metà e metà.
L'origine e la meta, l'incompiutezza e la completezza.
Una condizione che, dal punto di vista fisico non riesce, però, ad espletarsi perfettamente.
Una condizione che si verifica, a vari livelli, con più frequenza di quello che si immagina, e in cui, purtroppo, il più delle volte, l'individuo non viene messo in condizione di scegliere in quale (o nella somma dei quali) aspetto/(i) identificarsi.
Calliope riesce a farlo, e, soprattutto, a mantenere la sua integrità fisica e psichica.
E così, 'strana' ma solida e con una forte identità, come la casa in cui è cominciato il 'risveglio' della sua completa natura, può ergersi, orgogliosamente stabile, nel mondo.

venerdì 16 agosto 2019

16 agosto

16 agosto: oggi inizia la seconda metà dell'anno, quella che porta alla fine dello stesso, aspettando il nuovo, un mese e mezzo in ritardo rispetto a quello scandito dal calendario.
Non si tratta di una delle suddivisioni formali che gestiscono la nostra esistenza; appartiene più alla sfera psichica che a quella fisica, ma esiste.
'L'estate sta finendo e un anno se ne va', cantavano i Righeira, e mai ritornello ha avuto significato più vero, ma la fine dell'estate non è il trentuno di agosto, considerato, nonostante le vacanze tardive il termine ufficiale della stessa non in senso astronomico, bensì il sedici, giorno successivo al culmine dell'estate, delle vacanze, dell'euforia, della libertà, perché, dopo, c'è solo la discesa, nonostante la frequentazione, ancora per lunghi giorni, dei luoghi di vacanza.
E' sicuramente il retaggio di altri tempi, tempi in cui le vacanze finivano per davvero a metà agosto, ma anche in tempi di vacanze tutto l'anno, questa data continua ad essere la simbolica presa di coscienza della fine della festa: passata la nottata si torna al lavoro. Che poi, tornare al lavoro, non è il vero problema: lo è, invece, la consapevolezza della fine della tregua, la consapevolezza dei mesi che devono trascorrere per ricominciare a sperare nella vacanza attraverso la quale rigenerarsi e splendere, la consapevolezza dello scorrere inesorabile e inarrestabile del tempo.

mercoledì 31 luglio 2019

Perla datata

2007: è l'anno di uscita di 'Scream' dei Tokio Hotel, l'album di debutto in Europa della band tedesca, formatasi nel 2001 e che ha assunto questo nome nel 2004, l'unico album del gruppo, che, in cd, possiedo.
Siamo nel 2019, fate un po' due conti, e ditemi se non sembra strano anche a voi, di sentir dire da dei giovincelli, femmine e maschi, davanti all'espositore coi cd dei suddetti: "Li ascoltavo, ma adesso non più.", come se il loro vissuto non fosse equivalente a quello della band.
(I motivi della scelta li lascio a loro, ma sottolineo il tono con cui la frase, che poteva benissimo essere completata con un lecito 'da bambina', viene profferita.)

La pesca (gialla)

Stavo scrivendo (a mano) uno dei paragrafi [4,8] di 'Stelle', quando ho avuto bisogno di controllare un dato che si trovava in uno dei paragrafi [4,7] (stampati). Nel cercare il passo che mi serviva, mi sono ritrovata a leggere la descrizione del dolce che ha preparato uno dei personaggi. Questa era talmente invitante che me ne ha fatto venire la voglia! Ma... il dolce in questione ha la forma di una pesca bianca e, soprattutto, ne contiene la polpa, e io, le pesche, per quanto possano piacermi esteticamente ed avere un buon odore, non le mangio, né le bianche, né, a maggior ragione, quelle gialle. (Queste ultime, nella sangria, che pure proprio a causa loro non bevo volentieri, faccio finta di non vederle e le scarto.)
Mai sono state la mia frutta preferita, le pesche, e questo è un dato di fatto, ma la repulsione per quella gialla ha un motivo, seppur di natura psicologica, concreto, 'trasportato' a quelle bianche che però, per un periodo, limitatamente ad un frutto o due all'anno, quindi, facendo un conto generoso stiamo parlando, forse, di una quindicina di frutti nell'arco della mia vita fino ad adesso, più per amore verso mio padre che per piacere, sono riuscita a mangiare.
Il 'trauma' si verificò nel dopo-continuo pranzo di una giornata estiva della mia infanzia.
Ricordo, come fosse ieri, il bicchiere coi pezzi di pesca gialla dentro (scivolano sul piatto degli adulti, figuriamoci su quello dei bambini, il bicchiere le tiene a bada) e io che, volente o nolente, invogliata a farlo all'aria aperta piuttosto che al tavolo, purché lo faccia, sono sul balcone, forchetta in mano a mangiarli, quando ecco che uno zanzarone (probabilmente un tipulide) si posa su uno dei pezzi e, innocentemente, ci sta qualche secondo di troppo, il tempo giusto perché io lo noti e ne sia irrimediabilmente disgustata. La bestia vola poi via, ed essendosene andata, per chi mi vuol far mangiare la pesca non c'è ragione perché io non continui a farlo. E probabilmente era così. Se sulla pesca ci si fosse posata un'ape o una farfalla non avrei fatto storie e magari a quest'ora ne avrei mangiata qualcuna in più, ma lo zanzarone, con la sua andatura e il suo 'peso' molle, dettato più dalla sua conformazione che dalla massa reale... no! No, no, no!
Però mi toccò mangiare la porzione di pesca, quasi tutta, almeno. E dopo mi venne la nausea. (E se ripenso alla cosa mi viene ancora!) E vomitai.
Ma la mia spiegazione relativa alla causa e all'effetto, a causa della presunta epatite contratta da due bambini, più piccoli e con cui non avevamo contatti, che abitavano nel palazzo, fu presa con leggerezza, e tenuta in nessuna considerazione anche col prevalere del buon senso dopo la stretta osservazione del mio stato di salute nei giorni immediatamente successivi.
Anche successivamente, del resto, davanti alla richiesta della motivazione del mio rifiuto di mangiare pesche, la verità non ha mai ottenuto consensi. Il perché non lo so, ma una cosa è certa: non c'è possibilità che io ne mangi. (Da tanto non assaggio più neanche quelle bianche!)
Per affinità di stagione di consumo e di colore, non mangio anche le albicocche.
Di queste ultime, però, tramando una sorta di vendetta simbolica (usare le pesche sarebbe stato troppo ovvio), ne ho fatto, proprio in 'Stelle' , la bestia nera di Andrè.
[Quanto si può essere crudeli coi propri personaggi preferiti?]
Concludo con un'ultima curiosità: non mangio volentieri le cose nei bicchieri.
Ah, ma questo mi sembra piuttosto ovvio, mi tengo alla larga dagli zanzaroni.

venerdì 5 luglio 2019

Dàimones - 'Il mostro'

Dany & Dany  - Dàimones: Vis Arcana, capitolo 1 : Il mostro - Làmia comics
 
Non sempre  si riesce a portare avanti il lavoro nei tempi che ci si è prefissati: ci sono impedimenti che non si può far altro che subire, ma quando nel lavoro c'è qualità, i lettori affezionati sanno aspettare. Se poi questa fedeltà viene premiata con un primo capitolo e una gallery da urlo, la fedeltà si trasforma in devozione.
'Il mostro', facendo proseguire con accortezza e precisione la storia, ci prospetta sviluppi interessanti e ci fa porre interrogativi fondamentali, sia sulla trama che sui personaggi, perché, davvero, tutto è molto più complesso e affascinante di quel che appare.
Quest'edizione limitata e numerata, la cui gallery, a colori, ricca di ben diciassette illustrazioni, di cui due a doppia pagina, che la carta scelta fa risaltare magnificamente, ha anche un piccolo post-credit scene, il cui protagonista è Kael bambino, che è un vero e proprio gioiellino.
Una particolare nota di merito è la cura con cui Dany O. e Dany S. confezionano sempre i loro prodotti per la spedizione.

mercoledì 3 luglio 2019

'Un certo Paul Darrigrand'

Philippe Besson  - Un certo Paul Darrigrand -  Guanda
 
Una foto ritrovata. Un ricordo. Due ragazzi.
La loro storia d'amore: breve, intensa, significativa.
E descritta da Philippe Besson in prima persona, che continua, così, la fase biografica delle sue narrazioni, iniziata con 'Non mentirmi', raccontando dell'anno di specializzazione post laurea trascorso a Bordeaux, dove conosce, allievo dell'altro corso, Paul Darrigrand, col quale, a sorpresa, è subito 'storia', è subito 'amore'.
Un amore dei più difficili, perché Paul è sposato con Isabelle, e, per quanto possa sembrare strano e inverosimile ai più, ama entrambi.
La loro relazione procede, quindi, in clandestinità, mentre la loro amicizia è sotto gli occhi di tutti, anche della stessa Isabelle. Poi succede l'imprevedibile: Philippe si ammala, e la prima paura è che sia sieropositivo. Non lo è, ma la situazione è altrettanto grave e si risolverà, molti mesi e molte cure fallite dopo, con un'operazione.
Nel frattempo, la storia con Paul subirà prima una modifica, per lo stage di Paul a Parigi, e poi, quando tutto sembrerà risolversi per il meglio, si chiuderà definitivamente.
La svolta autobiografica non cambia lo stile di Philippe Besson, semplice, intenso ed efficace, ma ne accentua il carattere episodico, mostrando, come in un album fotografico, le immagini che raccontano l'accaduto, quelle che si legano al suo vissuto letterario, e quelle precedenti o successive, nel tempo, relative ad esso. E' la stessa, intelligente, tipologia di narrazione utilizzata in 'Non mentirmi', che risulta piacevole alla lettura perché è in grado di conciliare la curiosità per l'accadimento personale con l'interesse per la storia, e che riesce a trasformare Philippe Besson, insieme alle altre persone di cui parla, in personaggio di se stesso, con le sue paure, i suoi dubbi, i suoi sentimenti, le sue emozioni.
Questo percorso 'nuovo' di scrittura, forse per la spontaneità di resa e per il legame con le sue opere letterarie prettamente 'romanzesche', non fa ripiangere queste, ma, anzi, ce ne fa apprezzare, a posteriori, la bellezza, facendoci valorizzare il lavoro, di trasposizione dalla realtà e di trasformazione in finzione dei fatti, del loro autore.

domenica 30 giugno 2019

Sul terrazzo

Aloe.



Questa sono anni che è lì, ma solo adesso ha deciso di fiorire, senza però togliermi il dubbio, visto che non ha fruttificato, se si tratta di una rosa o di un rovo!
 
 
E, dopo tante estati, abbiamo provato a ripiantare i girasole:
 
 
 

Bestiole estive






venerdì 21 giugno 2019

'Ho paura torero'

Pedro Lemebel - Ho paura torero - Marcos y Marcos
 
Santiago del Cile, 1986: lei, la Fata dell'angolo, affitta un rudere di tre piani, appunto all'angolo di un isolato del quartiere, e ne fa la sua casa di ricamatrice per le mogli dei generali; lui, Carlos, presunto studente universitario, le affida scatoloni pesanti e chiusi che lei utilizzerà come mobilia e le farà ospitare in soffitta le riunioni dei suoi compagni rivoltosi. Lei non chiede e non indaga, non le sembra corretto, anche se si lascia coinvolgere in operazioni ambigue e pericolose, ma questo non significa che non capisca quello che sta succedendo.
Il rapporto fra i due, complesso per la differenza d'età e per l'appartenenza fisica di entrambi allo stesso sesso, esiste, anche se si può dire che proceda su due piani diversi: la Fata è innamorata di Carlos, questi, dedito alla causa rivoluzionaria, prova per lei curiosità e affetto.
E' un rapporto impari, ma non totalmente squilibrato, forte nel momento in cui si trama per attentare al Dittatore, forte quando, fallito questo, bisogna pagarne le conseguenze.
Si sa, per amore si fa tutto, ma l'amore vero è quello dato o quello ricambiato?
La Fata conosce la risposta e agisce di conseguenza.
La scrittura di Lemebel, ricca di frasi che sembrano piccoli quadri si offre ad una lettura gradevole dello squarcio aperto sulla storia fra la Fata e Carlos, arricchito dai brevi ricordi dell'infanzia triste e violenta della Fata, da quelli del suo rapporto con la Rana, che togliendola dalla strada le ha insegnato a ricamare per mantenersi, e inframezzato dagli episodi della vita della Fata in cui Carlos non è protagonista e da quelli in cui si racconta del Dittatore e della moglie, sia in quanto individui, sia in funzione del contesto particolare formato dalla Fata e da Carlos.
Tutti i personaggi vengono sapientemente caratterizzati con poche e precise parole e con colorate immagini che ci fanno capire anche quello che viene taciuto e lasciato intendere.
Il titolo merita una menzione a parte, risultando, a comprensione dello stesso avvenuta nel corso della lettura, di una struggente dolcezza.

martedì 28 maggio 2019

'Perchè essere felice quando puoi essere normale?'

Jeanette Winterson - Perché essere felice quando puoi essere normale? - Oscar Mondadori
 
Raccontare la propria storia è darle forma, consistenza, valore. E' la necessità di avere qualcosa a cui appigliarsi quando le origini fluttuano nel buio.
Jeanette Winterson narra la sua, di bambina adottata, quindi voluta, scelta, ma come tutti i figli, inadatta a soddisfare le aspettative dei genitori.
Diventati cristiani evangelici pentecostali, Mr. e Mrs. Winterson sono una coppia in cui la dimensione fisica è inesistente.
Mrs. Winterson non ama la vita ed è infelice, aspetta l'Apocalisse ma cerca nella figlia l'amica che lei è stata per la propria madre.
Mr. Winterson sopporta e vive per sé.
Jeanette vuole essere felice.
Nell'Inghilterra del nord degli anni sessanta, le letture erano la Bibbia e i classici delle scuole serali, ma Mrs. Winterson legge anche i gialli, e permette a Jeanette di leggere saggi e opere di storia, proibendole, però, la narrativa. Sarà invece la narrativa, a portarle via, definitivamente, la figlia, più della insensata brutalità quotidiana. Brutalità fatta non solo di gesti, ma, soprattutto, di comportamenti. Mrs. Winterson è una donna intelligente, ma, essendo com'è, non è in grado di dare più di quel poco amore che dà. Jeanette lo sa, ma, ovviamente, non può bastarle, e si innamora. Di una sua coetanea. Questo la costringe a subire una specie di esorcismo, a decidere di tenere per sé i propri sentimenti e di andare via di casa. Così, per frequentare un nuovo amore va  a vivere in un'auto. Verrà poi ospitata da un'insegnante e, finita la scuola, si trasferirà a studiare a Oxford, dove inizierà la sua vita da adulta.
Jeanette Winterson inizierà a scrivere; si innamorerà, sarà corrisposta; cercherà la sua madre naturale e la troverà, senza mai rinnegare, seppur l'abbia fatta soffrire, quella adottiva; si riconcilierà col padre. Ci offrirà, in definitiva, l'esperienza della sua vita, dei suoi legami, dei suoi amori, della sua scrittura, come manifestazione della sua esistenza e dell'importanza di esistere, mostrandoci pure, con precisione, leggerezza, attenzione e puntualità, un interessante spaccato sociale e politico dell'Inghilterra.

lunedì 27 maggio 2019

'Ultimo giro al Guapa'

Saleem Haddad - Ultimo giro al Guapa - edizioni e/o
 
Potrebbe essere la mattina di un giorno come tanti, coi riti dello svegliarsi e della colazione, col lavoro di traduttore da svolgere e le mille altre incombenze da portare a termine in attesa di una probabile piacevole serata, e invece no. La mattina con cui inizia 'Ultimo giro al Guapa' è, per Rasa, giovane abitante di una capitale mediorientale nel periodo della "primavera araba", che, orfano, dopo aver studiato in America, vive con la nonna e la cameriera di questa, probabilmente, la mattina peggiore della sua vita. E non solo per quello che è successo nella notte appena trascorsa, ma per quello che succederà nel giorno forse più importante della sua vita: quello della resa dei conti, con se stesso e con gli altri.
La vita di Rasa è lineare e tortuosa al tempo stesso, scissa fra l'americanità, derivatagli dai genitori, in particolare dalla madre, e l'arabità, insita nello stile di vita della nonna paterna, Teta, scoperta durante il suo soggiorno di studio in America; tra l'amore per Taymour, il suo amante, e la necessità di nascondere agli altri questo amore; la volontà di contribuire, con la partecipazioni alle manifestazioni, alla rivolta e al cambiamento e l'istinto di sopravvivenza.
La storia di Rasa è quella di chiunque combatta, ogni giorno, fra il 'dover' essere e il 'dover' apparire dettati da una società in cui le regole non tengono conto delle necessità di tutti e di ognuno, creando situazioni di sofferenza e malcontento, facendo nascere nell'individuo la vergogna delle proprie azioni anche quando esse non avrebbero ragione di procurarne.
La società esiste, e non può e non deve, essere ignorata, però essa è formata da individui, da tutti gli individui, quindi, ciascuno di loro è responsabile di essa, e, volendo, può cambiarla.
Le tristi considerazioni di Rasa, in materia, sono la presa di coscienza di un uomo che rappresenta tutti gli altri: in pace con se stesso e con il prossimo finché non viene posto di fronte alla propria diversità nei confronti della massa.
Rasa è un giovane equilibrato, che riesce, seppur soffrendone, a far convivere le sue contrastanti esigenze, ma quando uno dei pilastri su cui si fondano le sue certezze, la nonna, mina questa stabilità, egli è costretto ad affrontare, tutte in una volta, le questioni, anche con lei, lasciate in sospeso.
Quello che, però, uscirà fuori, nella notte, in compagnia di Maj, l'amico di sempre, colui che gli è simile ma che ha il coraggio di mostrare se stesso, dopo una giornata di brucianti delusioni, dolorose considerazioni e propositi di resa, è un Rasa più forte, più leggero, più consapevole e più orgoglioso di sé.

venerdì 24 maggio 2019

'La locanda degli amori diversi'

Ito Ogawa - La locanda degli amori diversi - Beat
 
Voler viaggiare e doversi porre 'mille problemi', primo fra tutti quello dell'accoglienza, da parte dei gestori e degli altri clienti, in albergo: quale coppia omosessuale, a maggior ragione se in compagnia della propria prole, non si è trovata a dover affrontare, indipendentemente da come si è conclusa l'esperienza, una situazione simile?
L'intento delle due protagoniste, nel creare la "Locanda Arcobaleno", è proprio quello di fornire, a coppie come loro, ma anche a 'molte altre persone', un 'rifugio', 'un posto tranquillo' dove 'poter trascorrere qualche giorno' 'senza doversi preoccupare degli sguardi altrui'.
'La locanda degli amori diversi', però, non è la storia della "Locanda arcobaleno", ma quella della famiglia che, assumendo un nuovo cognome, Izumi e Chiyoko formano con i loro due figli, Sōsuke e Takara, se non per la legge, per il mondo.
Il romanzo inizia con un prologo, in cui, col gesto di stringerle la mano, un ragazzino, Sōsuke, distoglie una ragazza, Chiyoko, dal suo proposito suicida.
Il breve episodio viene narrato da entrambi i protagonisti, quindi ad esso si lega il primo dei quattro capitoli in cui si sviluppa il libro, dove, la madre di Sōsuke, Izumi, quasi in contemporanea con il figlio ma distintamente da questi, si accorge dell'esistenza di Chiyoko, e, a seguito di un successivo, casuale, incontro, inizia con lei quella che sarà una relazione stabile e duratura, allietata dalla nascita della bambina di cui Chiyoko è inconsapevolmente incinta.
Nel secondo capitolo parla Chiyoko, narrando le difficoltà, anche personali, superate, le gioie condivise, la vita insomma, della loro relazione, e la creazione della "Locanda Arcobaleno".
Il terzo capitolo lo racconta Sōsuke, partendo da subito dopo il prologo e concentrandosi sul giorno in cui, dopo avergli presentato Chiyoko, la madre gli comunica che, tutti e tre insieme, si trasferiranno in un altro posto  per cambiare vita e formare una famiglia, gesto che culminerà, molti anni dopo, nel riconoscimento, se pur non legale, di un matrimonio, alle Hawaii, davanti ai figli e ai parenti.
Nel quarto capitolo, la voce narrante è quella di Takara, a cui è affidata la conclusione di una parte della storia e l'avvio di un'altra.
I quattro personaggi sono complessi e corposi. Ito Ogawa ha saputo dar loro vita con caratteristiche e peculiarità vivide e forti.
Izumi, insoddisfatta da un matrimonio che le ha dato solo un figlio, e abbandonata dal marito per un'altra donna, riscopre se stessa e quel che di sé  ha sempre negato, più per incapacità di rendersene conto che per volontà, nell'incontro con una ragazza molto più giovane, dalle idee in materia molto più chiare delle sue.
Chiyoko, moderna e sveglia, ha però la necessità di essere amata e apprezzata per quel che è. Pur cosciente e orgogliosa della propria omosessualità, per provare a farsi accettare, soprattutto dalla famiglia, intraprenderà una breve relazione, ma tenterà anche di suicidarsi. L'incontro con Izumi le offrirà la possibilità di coronare il suo sogno di vita: una famiglia con la persona che ama, una persona del suo stesso sesso.
Sōsuke è il personaggio più complesso. Figlio voluto e amato, da entrambi i genitori, soffre per l'abbandono del padre, non tanto per la sua assenza quanto per la sofferenza della madre. E' un bambino buono e altruista, che considera importante l'esistenza e il benessere di chi gli sta intorno, e diventerà un uomo che, anche in un mestiere logorante e insoddisfacente come l'operatore di call-center, troverà il modo di esternare e far fruttare positivamente questa sua attitudine.
Takara è la figlia dell'amore, nonostante una casuale cellula riproduttiva maschile, tanto che, per la ragazzina, la scoperta dell'esistenza di questo fattore, nella sua nascita, è un duro colpo. E' una ragazza intelligente, però, e, forte dell'amore ricevuto in famiglia, saprà utilizzare quello stesso amore per far fronte alle scelte e alle situazioni che lo scorrere della vita la costringerà ad affrontare.
'La locanda degli amori diversi', è, in definitiva, una storia, raccontata con una prosa limpida, rilassante e allo stesso tempo precisa e attenta, sull'amore e sulla famiglia, dove la seconda è basata su un legame che solo il primo può creare e cementare.
L'amore, però, è di per sé un'entità incontrollabile, e, come una malattia, colpisce, all'improvviso, nella sua forma manifesta, chi e quando non ti aspetti, anche se, in realtà, i sintomi del suo contagio sono, pur se ignorati, apparsi subito.

martedì 30 aprile 2019

'Non mentirmi'

Philippe Besson  - Non mentirmi - Guanda
 
Philippe Besson è un autore di sentimenti ed è facile prendere a cuore le sorti dei suoi personaggi.
In questo romanzo, una situazione particolare trasforma lo scrittore in personaggio e lo costringe a una presa di posizione forte: mettersi  in gioco in prima persona, svelando i propri segreti, anche letterari.  Il motivo che lo spinge a parlare, a raccontare di sé, di quella parte di sé legata ad una persona che è stata importante nella sua vita è Thomas Andrieu, il compagno di scuola con cui, durante l'ultimo anno di liceo ha una relazione, breve, intensa e clandestina, a cui la stessa estate della maturità metterà fine, e alla cui memoria è dedicato il libro.
E', questo amore adolescenziale, una relazione che segnerà entrambi, ma Philippe, figlio di un professore e destinato a lasciare la provincia e a farsi strada nel mondo, avrà modo di svilupparne le conseguenze traendone spunti ispirativi per i suoi romanzi, mentre Thomas, figlio di un agricoltore, destinato, nonostante le ambizioni a portare avanti la fattoria, si troverà, per necessità di cose, a dover interiorizzare i suoi sentimenti e a viverli col distacco richiesto a chi si è ritrovato ad essere padre di famiglia.
Philippe e Thomas non si incontreranno più, ma il destino li riavvicinerà attraverso Lucas, il figlio di Thomas, incontrato casualmente, e riconosciuto come tale attraverso la somiglianza col padre, da Philippe.
L'analisi della situazione sentimentale dei due ragazzi, nella metà degli anni ottanta, in una piccola cittadina della provincia rurale francese è accurata e precisa, e bastano poche immagini a rendere il contesto e l'atmosfera. Tutta la storia è un ricordo a cui siamo chiamati a partecipare, e, come tale,  seppure seguendo una logica temporale ferrea, salta da un episodio significativo all'altro, intrecciando il racconto principale con brevi scene dal passato e dal futuro che hanno per protagonista solo lo scrittore, mentre la storia di Thomas, che Philippe Besson non conosce, verrà raccontata dal figlio di questi, Lucas, che, con essa, rivelerà anche parte della propria.
Lo stile di Philippe Besson è, come sempre, diretto e coinvolgente, e i continui richiami a situazioni note ai suoi lettori tramite i suoi lavori precedenti creano vicinanza ed empatia col protagonista-scrittore.
La struttura del libro, che inizia con una scena che fa da punto di partenza al racconto di ciò che è successo e a ciò che succederà, e a cui si collega la parte centrale del libro, offre al lettore la possibilità di appassionarsi alla scopert degli ingranaggi e della risoluzione di questa storia d'amore.

lunedì 29 aprile 2019

Tramonto d'aprile

Del bacio.

"Non baciatemi!", è lo slogan che porterei affisso addosso con immenso piacere.
Perché? Perché ogni volta che qualcuno mi si avvicina con quell'intenzione per salutarmi, provo un disagio insostenibile.
La causa? E' probabile che vada ricercata in un episodio risalente all'infanzia, la memoria del quale non si è mai sopita, e che, a livello inconscio, continua ad esercitare la sua salvifica pressione.
Non ho mai messo apertamente in relazione le due cose, ma ieri sera a proposito di qualcosa, le parole hanno concretizzato quel pensiero che, latentemente, ha assecondato questa mia fobia.
E' stato appunto un saluto fra bambini, parenti stretti, favorito da parenti stretti adulti, un umido bacio sulla guancia, a trasmettermi il morbillo.
Non voglio parlare di intenzionalità, anche se il dubbio l'ho sempre avuto, ma, di superficialità sì.
E, sebbene superata la malattia, a distanza di parecchi decenni, resta la fobia del gesto.
Può sembrare assurdo, ma è la realtà.
Saluto col bacio solo se ci sono costretta, e, appena possibile, vado a lavarmi la faccia.
Non prendetevela con me. Prendetevela con loro due di cui sopra.
E, se proprio volete salutarmi avvicinando il vostro viso al mio, sfioratemi leggermente la guancia con la vostra, potete pure abbracciarmi, ve lo concedo e ricambio, ma tenete le vostre labbra lontane da me.

venerdì 29 marzo 2019

Fantasticherie

Sto leggendo 'Il trono di spade', ma del romanzo ne parlerò a tempo debito, quello di cui mi interessa parlare, in questo momento è a sua ambientazione: il fantasy, cioè quel mondo cavalleresco e, di regola, non modernizzato, in cui re e regine coesistono con cavalli, draghi e qualsiasi altra creatura fantastica con fattezze umane e non.
Il fantasy ha un suo fascino.
E' una realtà, utilizzata, in alcuni casi, anche in fantascienza, che permette, per certi versi, anche se nell'ambito del contesto, un estraniamento dalla realtà circostante e, allo stesso tempo, un legame con essa nelle vesti di un ipotetico ritorno al passato, sia da parte dell'autore che, soprattutto, da parte del lettore.
Cavalieri e tornei non sono argomenti che eccitano la mia fantasia, anche se, con i personaggi giusti, possono interessarmi e farmi anche appassionare. La mia infanzia e la mia prima giovinezza si sono nutrite di fantascienza e d'avventura classica e l'unico 'fantasy' che conoscevo erano i miti greci e latini.
Non voglio star qui a far paragoni per altro privi di senso, o a porre annose questioni, su cosa possa significare, in un determinato periodo storico, far vagare la fantasia nell'uno o nell'altro mondo, ma un paio di riflessioni, forse, possono essere fatte.
Tutto è probabilmente cominciato da una frase sentita per caso nel treno, dove, alcune persone, che, per come è adesso il mondo, potrebbero benissimo venir definite 'giovani di mezz'età', parlavano de 'Il trono di spade', probabilmente della serie televisiva, e questo veniva ritenuto particolarmente interessante perché raccontava 'come si viveva all'epoca'.
A quale epoca?
A quella dei draghi?
A quella che non abbiamo avuto e che ci illudiamo ci sia stata?
A un medioevo di fantasia?
Certo, ci si ispira a cose reali, a cose che idealmente avrebbero potuto essere così come ce le si inventa, ma il confine fra realtà ed immaginazione letteraria esiste, anche se lo si ignora, volontariamente o involontariamente.
Consideriamo adesso, per un momento, la fantascienza.
E' il futuro, il mondo che sarà o che potrebbe essere, quello che, pian piano, stiamo raggiungendo, con entusiasmo e consapevolezza o con paura e ritrosia, quello che allo stesso modo del medioevo perduto si svilupperà in maniera diversa da quello ipotizzato, anche se alcuni elementi saranno lì a ricordarci che qualcuno li aveva previsti.
I due mondi fantastici non si negano l'un l'altro, tant'è vero, che, come dicevo prima, l'elemento fantasy è utilizzato anche in fantascienza, e la magia, o il progresso magico-scientifico, funzionano da spinta progressista nel fantasy.
A livello di liberazione della mente nell'universo dell'immaginazione entrambi i generi funzionano egregiamente, anche perché, e teniamolo ben presente, al di fuori di qualsiasi ambientazione, le storie sono sempre fatte dai personaggi e dalle loro vite.
Affermo con decisione che il mondo futuro robotizzato e su altri pianeti, vicini e lontani,  esistenti o costruiti, mi ha sempre affascinato: un universo di uomini fatto per gli uomini. Avrò letto troppo (tutto) Asimov, ma tant'è.
Mi lascia quindi perplessa e sconcertata, in un mondo contemporaneo che predica un ritorno alla natura, di cui in verità conosce molto poco, per non affrontare le cause e proporre le soluzioni del proprio degrado ambientale e mentale, questo voler trarre da un passato reale ma superato in funzione della 'naturale' evoluzione delle cose, principi improponibili in un mondo ormai giustamente evoluto.
Quel 'come si viveva all'epoca', dovrebbe essere trasformato in 'come si vive ne il Nord, ne il Sud, oltre la Barriera, a Valyria'!
Dovrebbe, cioè, esaltare il grado di accuratezza dell'ambientazione del romanzo, e non ricercare in esso una favolistica esaltazione di valori che, applicati alla vita reale non verrebbero considerati tali. (E, in verità, se riferiti ad altri contesti di questo mondo, il valore lo perdono.)
Adesso mi si potrà obiettare che realtà e fantasia sono cose ben diverse l'una dall'altra.
Giusto. Giustissimo.
Ma in un mondo che sembra sempre più operare per un ritorno mentale al passato, certe domande io me le faccio.
E non accuso in alcun modo il fantasy e chi lo scrive o esalto la fantascienza e i suoi autori.
Il problema sono i lettori e la loro scarsa consapevolezza del mondo.
La loro ignoranza di libri di testo di storia, geografia, scienze, la loro mancanza di cultura in generale.
 
P.S.: Dopo le prime cento pagine sono diventata una fan de 'Il trono di spade', ma questa è una storia a parte. ;) :D

venerdì 22 marzo 2019

Sempre la luna

E' vero, la Luna non perde mai il suo fascino, ma, ultimamente, sembra ci sia una sorta di accanimento nel valutare la sua grandezza come percepita dalla Terra a seconda delle condizioni spaziali ed atmosferiche, e così, la tentazione di immortalarla in una foto, diventa irresistibile. Per cui, questa è -ripresa col cellulare- quella che appariva in cielo la sera del venti e la mattina del ventuno marzo: la prima luna di primavera.
 


Ah, per dovere di cronaca astrale, c'è pure il cielo del mezzogiorno del ventuno!
 
 


 

lunedì 25 febbraio 2019

A proposito di 'Stelle'

 
 
Ecco, almeno gli appunti, di 'Stelle', li ho messi in ordine! Ne avevano bisogno, perché le scene fermate in questo modo talvolta finiscono nel dimenticatoio ed è un peccato. Quelle che sono state 'sorpassate' le ho eliminate, quelle da inserire le ho piazzate nelle epoche giuste, così da poter essere 'trasportate' con le situazioni alla bisogna, le altre, quelle di incerta collocazione, e le note sui personaggi e sui fatti sono state raccolte a parte. Adesso tutto è pronto per riprendere con metodo e, si spera, costanza!

Da mattina a sera

E il vento freddo dell'Est pulisce i cieli e li trasforma in tavolozze.
Nei toni del grigio, la mattina.
 

Nei toni del rosa, la sera.