'Napoli appesa a un filo', Francesco Costa, iemme edizioni.
Otto racconti, otto 'voce solista' che raccontano la propria storia di 'appeso'.
In senso fisico o psicologico. O in entrambi.
E, a volte, gli 'appesi' sono più di uno a storia.
E le 'corde' hanno tante forme, perché tanti sono i modi di impigliarcisi e rimanere a penzolare nel vuoto, sopra una città che non ti permette di tagliarla, questa corda. O quell'altra.
Perché, quando la tagli, cadi. Sempre.
E indietro, in alto, non si torna.
Otto storie legate da un filo robusto (una corda, appunto) e da un cognome, assolutamente non scelto a caso, che non implica una parentela di sangue, ma di vita, pur nei diversi modi di vedere, di agire, di relazionarsi con gli altri.
Otto storie che, in effetti, sono una sola, perché Napoli è unica e inimitabile (oltre che insostituibile).
Otto voci diverse che provengono da una bocca sola: quella di Francesco Costa, più disilluso, deluso, fantasioso, crudele, acuto, claustrofobico, scatenato, audace, che mai.
Otto aggettivi che, con le rispettive controparti (positivo, risoluto, malinconico, divertente, tenero, disinibito, romantico, surrealistico), riassumono il tenore di ogni storia raccontata, anche se, grazie a quella 'corda', possono riferirsi ciascuno ad ognuna, e confluire e riassumersi, pure, nella nona 'storia', quella costruita nella presentazione, situata nelle alette dei risvolti di copertina, dove l'autore racconta, oggettivo e innamorato, la sua creatura.
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