domenica 19 luglio 2015

'Mimì'

Si dice che la fissazione sia peggiore della malattia.
Quando, però, l'una si trasforma nell'altra, l'oggetto delle malsane attenzioni diventa la vittima di una vera e propria persecuzione.
E' questa, in sostanza, la storia descritta in 'Mimì' da Sebastien Marnier per le edizioni Playground.
Storia che ha per protagonisti Jean-Pierre e Barthélémy, dispregiativamente Mimì, appunto.
Sono compagni di classe fin da bambini nella periferia parigina, e, mentre Jean-Pierre, che proviene da una famiglia numerosa, dominata da un padre autoritario e violento, cerca il proprio riconoscimento esistenziale e sociale nel dimostrarsi forte quanto gli altri, facendo parte del gruppo, Barthélémy, figlio unico, abituato a viaggiare ed educato alla tolleranza e al rispetto dell'altro, vive il suo isolamento senza crearsi problemi, pago della stima dei professori e dell'amicizia di qualche compagna, subendo, senza lamentarsi apertamente, le angherie degli altri.
Angherie che, nel corso degli anni diventano molestie e violenza pura.
I due ragazzi, ognuno a suo modo, crescono concentrati su loro stessi, anche se all'ombra l'uno dell'altro.
Se però Barthélémy, una volta allontanatosi dalla realtà scolastica, come giovane adulto lascia quell'ombra richiudersi su se stessa, Jean-Pierre, pur emancipatosi dalla realtà familiare, la ritrova nell'incontro, del tutto casuale, col compagno di scuola, del cui mondo, non riconosciuto e sotto falsa identità, entrerà a far parte.
Qui l'egocentrismo sessuale di Jean-Pierre si fonderà con la morbosità per gli atteggiamenti ritenuti da sempre effeminati di Barthélémy, e il giovane elaborerà un piano folle e criminale per sfogare le sue repressioni su colui che da sempre è oggetto delle sue ossessioni e portarlo sotto il suo completo dominio.
'Mimì' non è un libro 'facile' da leggere e da interpretare, per quanto comprensibilissimo nel messaggio che esplicita. Non offre spiegazioni, giustificazioni, soluzioni. Ci presenta solo un problema sempre attuale: la prevaricazione come stile di vita.
Un atteggiamento, più che una convinzione, che porta però ad agire di conseguenza.
E questo agire è distruttivo, nei confronti di se stessi e, soprattutto, degli altri, perché l'intolleranza, rivolta anche contro di sé, contro le proprie idee e i propri comportamenti, anche solo parzialmente, differenti da quelli della massa di cui si vuole far parte, genera un corto circuito nella percezione del mondo e nella manifestazione dei sentimenti.
La narrazione pura degli eventi, vista con gli occhi di Jean-Pierre, non impedisce al lettore di giudicare i fatti.
O meglio, di esaminarli nella loro complessità, conseguenzialità e rapporto di causa ed effetto, per giungere, mettendo a parte l'opinione che ognuno è libero di farsi di entrambi i protagonisti, forti e deboli allo stesso tempo entrambi, alla conclusione che la strada da percorrere per migliorare lo stare al mondo è ancora molto, molto lunga.

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