Primo spettacolo del mercoledì, biglietteria vuota: la cassiera è dentro, probabilmente a recuperare gli spiccioli, poi arriva e comincia ad armeggiare col computer.
La segue quello che poi si rivelerà essere (forse) il barista-maestro di sala.
Tutti e due giovani: lei in posa da cassiera di cinema, lui in quella di barista-maestro di sala.
L'attività dietro al vetro prosegue mentre noi aspettiamo.
Arriva un tipo, gestore, proprietario, tuttofare, uno che sembra il 'capo' insomma, e dopo un "ciao, ragazzi" da fuori al cubicolo vetrato, ci entra e saluta lei con baci sulle guance.
Lui obietta qualcosa che al di qua del vetro non arriva (probabilmente un "e a me?") e il 'capo' replica, fra gesti e parole che per lui va bene, che "aspetta solo quello da lui", quindi, resosi conto del pubblico al di là del vetro, aggiunge: "Noi ci amiamo, ma nel senso..." poi, conscio di aver peggiorato la situazione da lui stesso e solo per lui stesso creata, non continua e, un secondo dopo, esce.
Finalmente, senza che nessuno, nè protagonisti, nè spettatori, ha dato apertamente importanza alla cosa, possiamo fare i biglietti, mentre, però, mi ronza in testa un pensiero: "L'amore è amore, signor mio, e non conosce nè 'se' nè 'ma'. Altrimenti è un'altra cosa e ha un altro nome.".
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