venerdì 18 ottobre 2013

CITAZIONE MUSICALE n° 58

"Never mind the stars in the sky
Never mind the when and the why
Got a feeling higher than high
This is the real thing..."

[Lisa Stabsfield - The real thing]

(Anche scrivere è una forma d'amore)

CITAZIONE LETTERARIA n°58

"L'opera ha bisogno del mistero dell'attesa. E' cosa buona, quando si crea, non negare il tempo."
 
[Amélie Nothomb - Barbablù - Voland]
 
(E chi lo nega? Solo che... passa! :P )
 

 

'Loud like love'

Non è il sentirle ripetere senza fine già prima dell'uscita del disco: è che certe canzoni ti rimagono in testa per come sono, ti si aggrovigliano dentro, ti accarezzano il cuore.
Accade per Loud like love. Ancora di più per Too many friends.
Ma tutte le altre canzoni sono belle (bellissima  Bosco), e hanno una loro precisa identità.
Il tono di questo lavoro è più ovattato, più dolce oserei dire, anche se il racconto delle cose è quello dei Placebo: acuto, preciso, senza fraintendimenti.
Solo che, ad un certo momento della vita, le cose si dicono si con la stessa grinta, ma con più calma.
Potenza del'amore?

Pregiudizi che il sole stinge

Qualche volta l'antipatia è a vista. Forse il nome, forse la copertina, magari l'editore, non lo so.
Il titolo, però, era intrigante, anche se, associato alla storia riassunta in copertina, lasciava perplessi. Insomma, non rende quel che significa.
Magari è un bene, perchè, quando lo si scopre, decisamente lo si rivaluta.
(La copertina, però, nonostante sia pertinente e sensata, continua a non piacermi.)
Insomma, l'ho lasciato in libreria da quando è uscito.
Poi una persona di cui apprezzo gli interventi, i 'post' su facebook (lo conosco solo tramite questo mezzo), ha cominciato a parlarne, bene e con entusiasmo (ne ha fatto anche la presentazione non ricordo dove), e la cosa ha cominciato ad incuriosirmi.
Ad essere onesti, anche a seccarmi.
Perchè quel libro mi era stato antipatico dal primo momento, però, se lui diceva che..., beh, una ragione fondata doveva esserci, no? E allora...
Allora ho cercato e trovato sugli scaffali l'edizione economica e, con un poco di vergogna, ma senza pensarci più sopra, l'ho comprata.
E quasi subito, quest'estate, l'ho letto: Chiamami col tuo nome, di Andrè Aciman, edito da Guanda.
Tempo adatto, metà agosto, in quanto la parte principale del romanzo si svolge appunto in estate, nella riviera ligure e finisce proprio ai primi di agosto, per riprendere più in là negli anni.
Una storia semplice, quotidiana, direi: due giovani, uno, Elio, alle soglie proprie di questa età, l'altro, Oliver, appena approdato nel suo pieno, scoprono di provare attrazione l'uno per l'altro.
Le circostanze dell'incontro sono particolari: la famiglia di Elio ospita abitualmente, durante l'estate, giovani scrittori, e Oliver, americano, è uno di questi.
La 'convivenza' rende tutto il normale processo di comprensione, adattamento, esternazione, dei sentimenti, più complesso, ma anche più intenso.
Ed è, a tutti gli effetti, una storia 'estiva'.
Di quelle che, nell'età delle prime libertà, tutti -si spera- abbiamo vissuto: profonda, logorante, irripetibile. L'unica, vera, storia d'amore.
Però, poi, l'estate, come tutti gli anni, finisce, e la vita del resto dell'anno riprende.
Così Elio si ritrova ad affrontare quella che ha sempre ritenuto realtà, ma senza una prova concreta: il fatto, cioè, di provare maggior attrazione per gli uomini, e Oliver la constatazione che, per quanto attratto da Elio, continuerà sulla sua strada di sempre.
I contatti fra i due non si romperanno, ma rimarranno quelli di una vecchia amicizia a distanza, anche da vicino, finchè, dopo vent'anni, Oliver torna in riviera per un breve saluto fra un impegno e l'altro.
E allora la maturità di entrambi permetterà all'uno di riconoscere l'importanza di quella breve relazione, e all'altro di non forzare un ritorno che, se non spontaneo, sarebbe disatroso, nella speranza di una intesa, pudica ma sensuale, espletantesi sia pur solo al momento del congedo: '...e, come già avevi fatto allora, guardami negli occhi, trattieni il mio sguardo, e chiamami col tuo nome.'.
Il libro si chiude con questa speranza, il titolo (l'originale), una frase, un'azione, che ha significato solo per loro, che è forse la parte più bella di tutto il libro, strutturato come una serie di ricordi non propriamente ordinati cronologicamente, di Elio, più umorali nella prima parte, più razionali successivamente.
Il filo si segue agevolmente, anche se rimangono perplessità e dubbi in alcuni punti, ma questo non pregiudica la gradevolezza del racconto della storia.
Che me ne ha fatta ricordare un'altra: quella molto più precisa e forte di Eugenio e Lilandt in La morte della bellezza [G. Patroni Griffi per Baldini Castoldi e Dalai editore], che resta, di fatto, la mia preferita.
Ma subito dopo aver finito Chiamami col tuo nome ne ho sentito la nostalgia.
E questo è un bene, perchè significa che, nonostante i pregiudizi (qualche volta ne ho, lo ammetto), mi è piaciuto, e avrà il suo posto nella mia biblioteca, fisica e mentale.
Grazie di avermi 'costretto' a leggerlo, S. M.!