mercoledì 28 dicembre 2011

CITAZIONE MUSICALE n°36

"When there's love inside - I swear I'll always be strong
Then there's a reason why - I'll prove to you we belong
I'll be the wall that protects you - from the wind and the rain
From the hurt and the pain..."

[Bryan Adams - All for love ]

(Ogni forma d'amore fruttifica sempre.)

CITAZIONE LETTERARIA n° 36

"Niente di quel che si vive si perde nel niente. tutto torna, tutto ci viene restituito, tutto dà frutti..."

[Francesco Costa - Il dovere dell'ospitalità - Rizzoli]

(Nel bene e nel male.)

venerdì 23 dicembre 2011

Natale...

Perchè a Natale il mouse diventa una matita! ;P


Buon Natale!
Merry Christmas!
S Razdjestvòm!

giovedì 22 dicembre 2011

Intimi orrori (natalizi)

Continua la serie -iniziata lo scorso anno- delle mie facce stranite davanti alle vetrine di abbigliamento intimo a tema natalizio.
Boxer rosso aderente (bene!), codina bianca, tonda e vaporosa, sull'ultimo osso in basso della colonna vertebrale (e fin qui ancora si ragiona!), faccia di coniglietto babbonatalesco, non a tre, ma a quattro dimensioni, sul davanti (no, proprio no, davvero inguardabile!).
Mentre ero ancora intenta a ragionare su chi potesse esserselo inventato, ecco una coppia che si avvicina, lo osserva, e lei propone: 'E se lo regalassimo a XX? Potrebbe andare bene!'.
Come regalo di Natale. Detto in tono serio e convinto.
Non li ho neanche gurdati in faccia nel riflesso sul vetro.
Ho girato le spalle e me ne sono andata.
Senza guardare più alcun altra vetrina.
Quel che è troppo è troppo!


sabato 17 dicembre 2011

Sassolini

In 'Federico III di Castiglia e Leon', contenuto in 'Storie di politica sospetta' (Feltrinelli), Manuel Vazquez Montalban fa dire ad uno dei vecchietti colleghi di panchina dello scomparso: 'Si dice, signor Carvalho, che l'uomo sia l'unico animale che inciampa due volte nella stessa pietra.'.
Questa frase mi ha sempre fatto pensare molto.
E adesso che sul sentiero si staglia la medesima pietra sulla quale ho già inciampato, ho deciso che starò bene attenta a dove metterò i miei (adorabili) piedi! ;)))


lunedì 12 dicembre 2011

a,B,C,d,e,f,G, ...

Lo so, la colpa è mia che a Lucca, vuoi per una cosa, vuoi per un'alta, non ci sono andata. Però, che debba passare più di un mese finché l'intera tavola venga servita, mi sembra esagerato! Anche perché le porzioni non sono abbondanti e chi tardi arriva trova il self-service vuoto! :P
Ma avendo già perso l'accoppiata vincente -Luca Genovese e Arthur de Pins allo stesso tavolo, matite e pennarelli alla mano (la prova dell'evento l'ho requisita, ehm... condivisa! su facebook)- ho praticamente piantonato le fumetterie di zona e i volumi nuovi di entrambi me li sono procurati! :DDD
Quindi:

  B come  BETA  (Luca Vanzella e Luca Genovese - Bao publishing)

(risata)
Non è proprio facile parlare di qualcosa che, sia pure per sommi capi, conosci da quando era in embrione.
O meglio: forse è più facile, ma mi emoziona, ecco!
Sui 'fatti' della storia ho le labbra chiuse da un doppio cerotto, a ricordare il + ruotato di 45° che si staglia sul petto di Spartacus, il robot umanoide pilotato da Dennis Beta, perché questo è solo il primo dei due volumi che compongono la storia, perché conosco troppi altri particolari e perché, comunque, di una storia -soprattutto come questa- non si deve raccontare quel che si deve leggere! ;)))
Un 'robot umanoide gigante', un 'robottone', già!
Questo è Spartacus, e la storia è ambientata in un mondo alternativo (cioè questo, ma con le varianti determinate dalla storia) nel periodo d'oro dei cartoni animati giapponesi robotici del nostro.
Siamo nel 1979 infatti, e sfido chiunque sia cresciuto guardandoli, a non sentirsi gli occhi umidi al solo nominare questa data!
E a non trovare citazioni su citazioni: esplicite, implicite, concettuali, visive.
BETA è un tuffo nella memoria, nostalgico e divertente, ma, prima di tutto, è una storia originale e bella.
Curata nei dettagli della trama e dei disegni, è leggera da seguire, anche se fondamentalmente complessa, e gli incastri troveranno la loro posizione nel secondo volume.
E', però, anche una storia per chi dei 'robottoni' non ne ha neanche sentito parlare, perchè, se dettagli, situazioni, forme e abiti fanno lavorare piacevolmente la memoria, la storia non dipende da questi fattori, essendo costituzionalmente robusta e autonoma e avendo, ogni suo movimento, la sua giustificazione all'interno di essa.
Una storia da leggere, insomma, e, perchè no?, visti pure -in altra sede- i colori sgargianti dei bio-mecha, da guardare su uno schermo. Maxi! ;)))
Complimenti, ragazzi! :DDD
(Ah (sospiro), il retro della sovraccopertina! ;))) :DDD )

  C come  Il chiodo fisso  (Arthur de Pins, Maia Mazaurette - B&M edizioni)

Siamo già al 3° volume (tradotto in italiano!), e la protagonista, questa volta, è Clara! :DDD
Gli altri personaggi, però, ci sono tutti, e più pimpanti che mai! Arthur compreso! ;999
Poche righe non bastano a riassumere un mito come 'Péchés Mignon', e non lo faccio, perché l'accuratezza espressiva con cui viene rappresentata la precisa analisi psicologica di ogni piccolo personaggio in ogni piccola situazione è solo da gustare, allegramente, immagine dopo immagine!

  G come  La marcia del granchio  (Arthur de Pins - Bao publishing)

In questo primo volume della trilogia il cancer simplicimus vulgaris, granchio costretto da madre natura in un carapace quadrato a muoversi solo in linea retta -a meno di improvvisi e incontrollabili sollevamenti dal percorso- scopre, attraverso uno dei rappresentanti la sua razza, che, forse, le cose potrebbero andare anche diversamente, basta industriarsi o ...volerlo!
E quindi, dopo millenni di su-e-giù (o di avanti-e-indietro, a seconda di dove si nasce), l'evoluzione (mentale!) comincia a far arrotondare il mondo! :O
Le vicende dei granchi -espressivi quanto gli umani, in miniatura o a tutta grandezza- e dei loro coinquilini acquatici si intrecciano con quelle dei villeggianti socialmente impegnati (in cause pubbliche e private) e dei lavoratori di zona (anch'essi dediti ad entrambi i tipi di attività) finedo per ostacolarsi -o favorirsi?- scambievolmente, nello svolgimento delle stesse.
Inquadrature da film, colori da salotto buono, assenza totale dei balloon: il segno grafico inconfondibile di Arthur de Pins!
Potendo, gli chiederei di disegnarmi una zanzara! Non so perchè! :DDD

venerdì 25 novembre 2011

CITAZIONE MUSICALE n°35

"Oh every Monday morning
Comes every Monday morning
Yeah..."

[Suede - Every Monday morning comes -]

(Meno male che ci sono pure il martedì, il mercoledì, ... :P )

CITAZIONE LETTERARIA n°35

"Le incombenze fastidiose aiutano a vivere, l'ho notato spesso."

[Amélie Nothomb - Una forma di vita - Voland]

(Tengono a freno cervello e altre frattaglie! ;P )

TRE

Tre è il numero perfetto (si dice)...
ma è passibile di miglioramento! ;)))


giovedì 24 novembre 2011

'Black Rainbows'

Quarto album solista. Quattro in cinque anni, se non ricordo male.
Si vede che la carriera solista gli giova!
Può suonare ironico, ma è una semplice constatazione.
E' come se Brett Anderson avesse finalmente trovato una dimensione sua propria in cui poter esprimere quel che non poteva negli Suede.
Lì diceva altro. E mi piaceva, e gli Suede mi mancano. Tutti.
(Beh, la formazione di 'Coming up' per essere precisi e onesti! ;) )
Ma il Brett Anderson solista mi piace in modo diverso!
Sarà una questione di età, di esigenze cambiate, di bisogno di indipendenza.
Sarà che così lo sento più vicino. Sarà...
'Black rainbows' ha un suono più 'aperto' dei precedenti, e, in certi momenti, ricorda davvero gli Suede.
Non tanto quelli dei singoli di testa, ma quelli delle b-side, dove veniva fuori una quotidianeità più pacata ma non meno bella.
Qui sembrano ritornare questi temi e quella voce.
La sua.
Che mi scorre nel sangue, mi accarezza la pelle e mi fa venire da piangere e da ridere nello stesso momento.
Sono di parte, lo so, lo ammetto.
Me la sento sul collo, quella 's' sibilata e strascicata, e non gli direi mai di scostarsi, semmai...
Però 'Black Rainbows' non è un ricordo, piuttosto, è un'evoluzione.
E', percorrendo un cammino, trovare, oggetti che ci fanno pensare a quel che siamo stati e che ci fanno sorridere, e decidere che era buono anche quello, ma indietro non si torna, e allora ce li si butta alle spalle e si continua a camminare, ma usando il ricordo per illuminare il futuro.
Com'è un arcobaleno nero? La gradazione parte dal centro o dalla periferia? O è una striscia compatta?
Quale luce illumina le goccioline d'acqua? Quelle della luna nuova? Chissà!
E poi, qui, ce n'è più di uno! Dieci in verità. Dieci arcobaleni neri che colorano la notte, formando un album che, temporalmente dura quanto un arcobaleno, ma i cui colori -per niente cupi, in verità- ti rimangono negli occhi (ehm, nelle orecchie! :P ).
Al primo ascolto, nonostante l'uniformità nelle differenze (i toni di nero?), mi piacevano in particolare alcune canzoni, adesso mi piacciono tutte, e potrei mettere loro il nome del tono più adatto!
Una preferita, però, resta: Actors. La mia goccia d'oro che brilla nel buio.
Come brilla quella cosa, pure d'oro che hai al dito, Brett! Credevi non la notassi?
(Continuerò a far finta di niente, però! ;P )


venerdì 18 novembre 2011

'This must be the place'

Può bastare una canzone, un'immagine (meglio la combinazione delle due) a farti decidere di andare a cinema a vedere un film di cui conosci a malapena il titolo?
Ovviamente si, quando la canzone è The passenger, cantata da Iggy Pop, e l'immagine è il volto di Sean Penn truccato da sfatta rockstar.
"Se pure il film non mi dovesse piacere, ne sarà sempre valsa la pena vederlo per la colonna sonora.", ho pensato, ma, infondo infondo (non troppo, direi), il rossetto e il rimmel su quel caleidoscopio indecifrabile che è il volto di Cheyenne mi avevano già conquistata.
E in effetti la colonna sonora -in cui la presenza di David Byrne è predominante- è talmente bella che me la sono comprata!
Melodie da ascoltare al chiar di luna così come su un'auto in corsa in un pomeriggio deserto e assolato, ma che si sposano perfettamente alle situazioni della storia in cui sono inserite.
Non è il primo film che vedo, di Paolo Sorrentino, ma certe volte non basta la fama o la trama, a convincerti.
E infatti, questa volta è stato il film! ;)))
Ma l'ho detto: se non fosse stato per quella fusione riuscita di Robert Smith e Ozzy Osbourne con gli occhioni azzurri di Sean Penn (si,si, ce li ha proprio così! :DDD) e per la mia (forse insana) passione per la voce di Iggy Pop (e pure per i suoi occhioni!), beh, forse 'This must be the place' non me lo sarei andato mai a vedere.
E sarebbe stato un peccato! ;)))
La storia in sè è semplice, ma, attraverso i personaggi, secondo me più potenti della storia stessa, tratta, con ironia e intelligenza, temi non proprio leggeri.
E una malinconia dolce, che si fonde con il ridicolo quotidiano (e questa mia espressione è da prendere in senso positivo), rende il tutto molto personalmente vissuto. Ti fa entrare facilmente in sintonia col protagonista, pur se da lontano, perché, nella totalità, non è semplice immedesimarsi in una inattiva rockstar che se ne va in giro con un carrellino per la spesa come una vecchietta con la sciatica. Eppure, paradossalmente, ci si riesce, e i suoi sentimenti diventano automaticamente i nostri, così come le scelte che fa. (Certe, non tutte, anche se, in effetti, giudicare le idiosincrasie degli altri è presuntuoso e ingiusto.)
Cheyenne è una persona buona e normale, in fin dei conti positiva, seppure con le sue stranezze; soprattutto per i suoi rimpianti.
Adeguati a lui sono gli altri: dalla moglie alla figlia dell'amica -forse un ex amore di gioventù- a questa donna stessa, al cameriere innamorato (della ragazzina!), quelli che costituiscono il 'suo' quotidiano.
Poi ci sono gli altri, coloro che è costretto dai fatti improvvisi della vita, a dover affrontare, a doversi confrontare con.
Si matura a tutte le età, se ci si rende conto di volerlo fare: e Cheyenne lo fa, e chi gli sta attorno lo accetterà ancora.
Come ho già detto: i personaggi e le loro storie mi piacciono più della storia nel film.
Questo vale pure per il criminale nazista, carnefice (morale), ma allo stesso tempo vittima, del padre di Cheyenne.
'This must be the place'. Talking Heads. Speaking in tongues.
L'ho canticchiata tutte le volte che veniva suonata, ma solo una volta a casa mi sono resa conto che la conoscevo non solo perché la conoscevo, ma anche e soprattutto perché il disco ce l'ho! ;PPP


lunedì 31 ottobre 2011

Halloween


Hallo!
When I'm hanging up here the whole year... every day is today!
Ah-hahaha!
(...frush... gnak!)

giovedì 27 ottobre 2011

CITAZIONE MUSICALE n°34

"So please please please
Let me, let me, let me
Let me get what I want
This time..."

[The Smiths - Please Please Please Let Me Get What I Want]

(ma tanto non sarà così. :P)

CITAZIONE LETTERARIA n°34

"(Alfredo Cid era convinto, e a ragione, che quando si deve scegliere tra due mali non esiste vera libertà.)"

[Francisco Gonzales Ledesma -La dama del Kashmir- Giano]

(sospiro -perplesso ma non troppo-)

lunedì 10 ottobre 2011

Nuvole 2

Nuove di temporale appena passato (sabato). ;)))





Trjétij

Già, trjétij, terzo. Terzo anno di lingua russa. Il tempo vola, ma si sente, pesantemente, passare.
Così, anche quest'anno di quattro ottobre, data fatidica per quelli di una certa generazione, che, almeno i  primi anni di scuola, li iniziavano adesso, ho ricominciato a frequentare. E a studiare! ;P
Domani seconda lezione: compiti fatti, lezione ripetuta, borsetta fatta...
Ma quando ci sono le prime vacanze?
;DDD


Uno, Due e Tre.
Dal basso verso l'alto i nomi:
Entusiasmo (anche se prudentemente contenuto)
Sopportazione (ci vuole anche quella per raggiungere i risultati)
Euforia (traguardo in vista)

domenica 2 ottobre 2011

Primo sabato d'ottobre

Che il belloccio tenti di attaccar bottone 'per fare amicizia' nel treno che corre sul lungomare assolato può anche starci, ma che il vecchietto con gli occhiali scuri e il bastone, appena uscito dall'ascensore della metropolitana, mi squadri e si volti a guardarmi mi sembra un po' troppo! No?


SETTEMBRINA

Tra una pioggia e l'altra è fiorita anche quest'anno.
Prima un fiore solo.

 

Poi altri quattro.

 

Per la gioia mattutina delle api, che dopo essersi rotolate inebriate e felici sugli stami se ne sono volate via con le sportine piene!

 


Chissà com'è il miele di pianta grassa?!
Certo è una gran fatica raccogliere tutto il profumatissimo polline in un giorno solo, però...! ;999

sabato 24 settembre 2011

Storie di romanzi

L'altro ieri sera ho finito di leggere 'Il corpo di Jonah Boyd' di David Leavitt -Mondadori-, la storia di una famiglia americana e del manoscritto di un romanzo che si 'incontrano' per la Festa del Ringraziamento.
Detto così è un po' poco e un po' vago, e sembra pure strano, ma di un certo tipo di romanzi non si può svelare troppo, altrimenti... ;)))
Quello che si sa da ogni quarta/secondo risvolto di copertina è che questo manoscritto viene perso dall'autore, la cui storia, rispetto a quella del manoscritto stesso è poca cosa. Ma non posso dilungarmi! ;DDD
Gradevolezza e intrigo (letterario e mentale) del libro a parte, c'è un punto in cui mi sono fermata a pensare a lungo e seriamente, anzi due: quando editor e scrittore contrattano per i cambiamenti e quando si parla della compravendita, tra gli stessi, del libro.
Cose ovvie, di tutti i giorni, in questo ambito lavorativo, ma che mi hanno messo di fronte a una realtà che, sebbene conoscessi, deliberatamente evitavo: mi sono resa conto, cioè, che sono morbosamente gelosa del romanzo (lungo) che sto scrivendo!
Eppure racconti in giro ne sono andati... ma non è la stessa cosa!
Quelli erano stati scritti apposta -e pure un altro romanzo più breve non subisce questa sorte- .
Questo... non lo so!
Pensare di 'vendere' i miei piccoletti (i personaggi) e le loro storie mi mette i brividi!
E non perché non voglia che altri leggano di loro! Anzi! Ma il pensiero di questa intermediazione e di questa cessione non lo tollero! No, proprio no.
Magari poi mi passa e penso che non sia una cosa così brutta come sembra ed è così che si fa, ma nel frattempo...
Sarà pure che non mi viene di considerarlo un lavoro, per quanto mi ci impegni (sarà pure che ogni lavoro non l'ho mai considerato troppo tale!). Anzi, mi rifiuto proprio di chiamarlo così!
Per questo, per quanto oltre al manoscritto (a penna su carta) ci sia la copia corretta computerizzata stampata e quella archiviata (non ho mai capito chi NON prende questo tipo di 'precauzioni') è come se queste non fossero altro che i quaderni di Jonah Boyd, e se non me lo impedissi, porterei sempre con me la chiavetta USB (cmq ci sono anche i floppy disk! ;))) ) che li contiene.
Paranoia, lo so! ;DDD
Una piccola curiosità che mi riguarda a proposito del libro -di cui ho detto veramente poco, ma certe cose vanno lette e basta!- : perché l'ho sempre chiamato 'Il corpo di Jonathan  Boyle', non l'ho mai capito! Mah!
(E cosa faccia questo corpo si scopre solo nell'ultima pagina! Per cui il silenzio è necessario quanto la segnalazione!)


25a ora

Finalmente l'ho visto.
Finalmente non solo rispetto a quando è uscito, ma anche, dati i miei casi personali in relazione ad esso, a quando ne ho trovata e comprata una copia.
Ovviamente sto parlando di 25a ora. :)))
Beh... insomma... non posso dire non mi sia piaciuto, tutt'altro! ;)))
Però continuo a preferire il libro.
Perché è una storia semplice ma allo stesso tempo difficile da rendere fuori dall'immaginazione, fuori dalla poesia delle parole raccontate. (Per quanto ad onor del vero Spike Lee c'è riuscito benissimo.)
Il fatto che lo sceneggiatore sia lo stesso David Benioff aiuta tantissimo, perché solo chi conosce i personaggi può far fare loro cose diverse, anche se in minima parte, da quelle che hanno fatto.
La differenza con un 'estraneo' è proprio nella possibilità di queste piccole variazioni coerenti.
[Un po' quello che è successo con Anne Rice e Intervista col vampiro.]
E opportune e ovvie, se si vuole dare un taglio leggermente diverso alla storia filmata.
Il perché di questo è, come in tanti altri film, tutto da interpretare, in quanto, se pure nel particolare la mancanza delle Torri Gemelle voleva esser fatta notare, le scene iniziali e il discorso tra Frank e Jakob nell'appartamento di Frank sarebbero stati sufficientemente bastevoli. E se variante doveva esserci, avrei fatto rimpiangere con più sentimento e partecipazione Montgomery Brogan di aver scelto la strada che ha scelto invece di perseverare nel sogno di ogni bambino di voler fare il pompiere. Magari proprio alla fine del monologo famoso che si è allungato troppo di parole e immagini perdendo la sua incisiva, efficace, crudezza.
Sempre continuando a preferire il libro, il vantaggio del dvd, rispetto al cinema, è che puoi rivedere il film quante volte vuoi, ma soprattutto che, molte volte, ci sono i contenuti speciali.
In questo caso i commenti al film (intero) di Spike Lee e David Benioff.
Mi sono (ri)vista per intero il film col commento di David Benioff.
(Lo farò anche con quello commentato da Spike Lee, ma in questo momento mi interessava l'alttro.)
E... beh, mi sono divertita un sacco!
Retroscena, spiegazioni -di fatti e variazioni-, commenti appunto.
I motivi per cui. Motivi a cui, il più delle volte, ero arrivata. Curiosità.
Anche la sceneggiatura era praticamente finita, prima dell'11 settembre 2001, tra l'altro, ed è stata adattata.
Questo mi fa maggiormente piacere, perché la storia è bella di per sé, e se si è potuta adattare ad una certa situazione, tanto meglio, fermi comunque i punti che ho evidenziato prima.
Alla fine David Benioff invita a leggere il libro.
"Già fatto, tesoro!", gli ho detto (si, mi sono presa la libertà di chiamarlo 'tesoro', va bene?!),  "Se non lo avessi fatto non avrei potuto apprezzare tanto le tue parole!" :)))
Ah, una parolina sugli attori: tutti professionalmente 'presi' dalla loro parte, ma -l'ha detto anche David Benioff, fatta eccezione, secondo lui, per Montgomery Brogan e Mary D'Annunzio- un immaginario fisico completamente diverso da quello del libro! :DDD


CITAZIONE MUSICALE n°33

"Life is just a lullaby
Oh and everything will flow
Oh you know everything will flow..."

[Suede - Everything will flow]

(I hope so...)

CITAZIONE LETTERARIA n°33

"Le persone sagge sanno che è meglio non pensare."

[Jonathan Ames - Io e Henry - Baldini Castoldi Dalai editore]

(La saggezza s'impara?)

lunedì 19 settembre 2011

Pioggia

Finalmente stanotte è piovuto!
(Le foto di repertorio avranno fatto da danza della pioggia? ;) )
Un po' a tempesta fra vento e fulmini, ma... sii! :DDD
Peccato non mi sia potuta godere la vista più di tanto! In piedi, nella veranda, più di qualche minuto non era cosa, e a letto, o chiudevo i balconi e alzavo tapparelle e veneziane, o rimanevo com'ero stata fino a due minuti prima e mi godevo il fresco sotto il piumoncino.
Ho scelto la seconda!
Comunque il rumore, l'unico che ammetto di notte, me lo sono ascoltato in tutta tranquillità, perché le differenziate avevano già dato il loro meglio e gli urlatori notturni se la sono presa di botto tutta in testa! (E hanno urlato, una volta tanto, con loro diritto e mia soddisfazione!)

venerdì 16 settembre 2011

Nuvole

Mi piacciono, sono una delle cose più affascinanti del mondo!
E, sarà perchè sono mesi che non ne vedo una, mi mancano.
Così mi rifaccio con le immagini di repertorio! ;DDD







Cercasi isola

Mi ci vuole un'isola deserta.
Magari con un collegamento internet satellitare.
(Mi serve fare qualche ricerca, ogni tanto!)
Perché non posso scrivere circondata da distrazioni!
Voglio poter pensare solo ai personaggi e a quel che succede loro.
Mettere per iscritto e per esteso la marea di appunti e di scene memorizzate.
Perché rileggere la parte finita e completa è come svegliarsi dopo un bel sogno, e pensare a tutto quel che c'è ancora da portare su carta è sconvolgente.
Soprattutto perché è lì che aspetta!
E il tempo, perché le cose assumano la forma che mi piace, ci vuole.
Sdoppiarmi? Scrivere la notte, visto che la sera non basta? Se non fosse, però, così rumorosa!
E poi, sognare a occhi aperti prima di addormentarmi mi serve!
No, no, l'unica è l'isola! Ma dove la trovo? Argh!


lunedì 29 agosto 2011

Patologia

Certe volte ho l'impressione che le parole, pronunciate alla leggera, a proposito e a sproposito, travisandone e adattando il loro significato al nostro comodo, perdano di significato.
Ce ne sono diverse che subiscono quotidianamente questa sorte.
Una di esse è guerra.
Immagino non ci siano molte possibilità di fraintenderla, questa, eppure ho la bruttissima impressione che abbia subito una sorta di declassamento significativo e, soprattutto, emotivo.
Fa più 'notizia' che paura, e la si usa come sinonimo di una cosa eccezionale, preferibilmente positiva.
Paragone che arriva strano alle orecchie di chi si è sentita raccontare ben altre cose a proposito di quell'evento nefasto che è una guerra.
Sarà per questo che certi libri me li vado a cercare.
Perché, testimonianza diretta o realtà letteraria, ci trovo dentro quella cosa lì e non altro.
E non per un gusto del macabro, ma per non perdere il contatto con una verità il più delle volte sottovalutata, e, ancora più spesso, travestita d'altro.
In 'Patologie' di Zachar Prilepin -Voland-, Egor Tasevskij (sulla prima s c'è la piccola v -per leggerla sh- ma come al solito non so come mettercela! :( ) è un giovane appartenente ai corpi speciali russi in missione a Groznyj [l'esperienza Cecena l'ha provata, da protagonista, nello stesso ruolo Zachar Prilepin].
Missione di 'ripulitura del territorio circostante' (eufemismo tecnico), che, con i suoi colleghi si appresta a portare avanti con giovanile freschezza e matura paura, perché quello è il suo, il loro, compito.
E la cruda realtà della guerra si presenta ai suoi come ai nostri occhi per quella che è.
Il cinismo è allora l'ancora di salvezza per non affondare nella realtà, ma non è una maschera per i sentimenti, e la spavalderia, a volte infantile, è un travestimento per il coraggio.
In certe situazioni 'estreme', anche i comportamenti diventano 'estremi', ma i protagonisti di 'Patologie' sono esseri umani, e come tali agiscono.
Non la perdono mai questa loro peculiarità.
Non ci sono eroi, ci sono soldati che fanno il loro dovere al meglio delle loro possibilità, cercando, quando e per quanto possono, di alleviare la tensione e di coltivare l'amicizia, rimpiangendo pure, a volte, di non essere a casa, ma mai questo ritorno è desiderato come conseguenza di un atto che porti loro disonore.
La vicenda umana di  Egor Tasevskij, però, è complessa. (E si intuisce, da pochi accenni, lo siano anche quelle di parecchi altri suoi colleghi.)
Il resoconto della missione di guerra si alterna al racconto degli episodi salienti della sua vita, del rapporto con le persone per lui importanti: il padre (della madre non ha ricordi), la cagna Daisy che aveva da bambino (se ci cresci, con un animale, la sua figura è equiparata a quella di uno di famiglia), la ragazza Dasa (s=sh), di cui è innamorato e morbosamente geloso.
Le Patologie del titolo (anche originale! :) ) sono allora, probabilmente, tutti gli atteggiamenti riportati, di Egor come degli altri, e, forse, pure la postfazione con cui si apre il romanzo:
"Quando attraverso il ponte, sono spesso tormentato dalla stessa visione.".
Non c'è modo di sapere se questa visione sia frutto della sua immaginazione o ricordo.
In teoria come in pratica può essere entrambe. ;)))
E' comunque una caratterizzazione efficacissima del personaggio, dei suoi sentimenti, del suo modo di essere, perché, strano dirlo dopo aver evidenziato tanto la componente 'guerresca' del romanzo, 'Patologie' è un romanzo di sentimenti, di quelli profondi, di quelli che si trovano in ognuno di noi.


martedì 23 agosto 2011

CITAZIONE MUSICALE n°32

"Non voglio più amici, voglio solo nemici
Non voglio più amici, voglio solo nemici..."

[Litfiba - Tex ]

(Forse si vive più tranquilli.)

CITAZIONE LETTERARIA n°32

"A volte bisogna agire anche avendo la certezza che non si verrà compresi."

[Amélie Nothomb - Il viaggio d'inverno - Voland]

(Non è quello, l'importante. :P)

martedì 16 agosto 2011

STORIE

"Questo libro prende le mosse da storie reali. Le ho scelte perché a lungo mi hanno suggestionato...", dice Marco Mancassola nella nota introduttiva a 'Non saremo confusi per sempre' edito qualche mese fa dalla Einaudi.
Sono storie con cui tutti quelli di una certa generazione hanno convissuto, più o meno consapevoli dell'effetto di esse sulla propria crescita, sulla propria maturazione come individui.
Sono episodi di cronaca che hanno come protagonisti persone giovani, a volte molto molto giovani, e la cui vita trova termine, immediato o prolungato, nell'atto stesso di cui sono forzati protagonisti.
Sono casi che, per un motivo o per un altro hanno suscitato un'attenzione particolare nel pubblico, che, coinvolto dalle circostanze, si è trovato a partecipare sentimentalmente di questi stessi eventi.
Ma qualcuno si è mai soffermato più a lungo di qualche momento a farsi partecipe dei sentimenti dei protagonisti stessi?
Senza dubbio si, ma non per molto.
Non per cattiveria o disinteresse: perché fa male.
Ed è un dolore tanto più insopportabile per l'impotenza a mettere fine a quel che lo ha generato.
Certe volte, però, si sente la necessità di affrontare quel dolore per superarlo.
Non so quanto abbiano abitato in lui, in Marco Mancassola, 'come fantasmi', queste storie, ma di sicuro è stata una necessità riportarle all'attenzione del pubblico.
O meglio: la necessità è stata quella di focalizzare l'attenzione del pubblico sui soggetti umani di quegli episodi.
E così, in parallelo, c'è la cronaca e c'è l' oggetto della cronaca.
Non sempre esso/essa parla in prima persona. A volte, data la situazione, serve un'altra voce per far uscire la sua, ma sempre il suo punto di vista viene raccontato.
E la scelta del racconto non è un caso.
I titoli delle cinque storie sono titoli per fiabe.
Perché la fiaba è il solo mezzo per filtrare la realtà, quando, più del solito, è dura, e accettare una fine che, se lieta non è, osservata più dall'alto riesce, per lo meno, ad avere una parvenza di consolatoria accettabilità.
'Non saremo confusi per sempre' è un libro 'duro', ma allo stesso tempo, dolcissimo.
Ti fa star male, perché i fatti sono fatti e non invenzione, ma ti fa battere più forte il cuore perché la speranza che nell'intimo di ognuno il lenimento della sofferenza possa aver luogo è un desiderio appagabile.


venerdì 29 luglio 2011

CITAZIONE MUSICALE n°31

"Nun te scurda' nun te scurdà
Nun te scurda' pecchè sta vita se ne va
Nun te scurda', maje 'e te..."

[Almamegretta - Nun te scurdà]

(Non è egoismo, è autoconservazione! :P )

CITAZIONE LETTERARIA n°31

"Una è tanto più autentica quanto più assomiglia a ciò che ha sognato di se stessa..."

[Pedro Almodovar - Tutto su mia madre - Einaudi]

(E bisogna assolutamente sognare in grande! :P )

domenica 24 luglio 2011

La 25a ora

Non so cosa fossi impegnata a fare quando il film uscì, perché non andai a vederlo.
Eppure avevo da poco finito il corso di sceneggiatura...
Davvero non lo so.
Qualcosa nella pubblicità potrebbe avermi indisposto, sono fatta così.
Il titolo, però, mi è rimasto in mente senza un motivo, e ritrovarlo in programmi televisivi mi ha sempre ispirato una curiosità che però non aveva abbastanza energia da sollecitare soddisfazione.
Tutto finché (e si che gli anni sono passati! :P ) non mi sono trovata davanti il libro, opera di quello stesso David Benioff che mi aveva appena conquistata con 'La città dei ladri'.
Edizione economica della Beat, a dieci anni di distanza dalla prima della Neri Pozza, 'La 25a ora' è un altro gioiello di un narratore straordinario.
Storia semplice, lineare, costruita da personaggi potenti, secondari solamente di fronte all'eccezionalità del protagonista.
Forse troppo maturo per i suoi ventisei anni, ma probabilmente no, perché c'è un'età in cui la maturità è quella dell'anima e non quella del mondo.
E' essa che ci fa compiere determinate scelte, non perché è giusto, ma perché noi lo sentiamo giusto.
Ed è la stessa che ci concede quella 25a ora che ci salva e ci condanna.
Sono andata a cercare in Internet qualche notizia relativa al film: la sceneggiatura è di David Benioff stesso, ma ci sono alcune piccole varianti conseguenza dell'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001.
Queste, per me, un po' cambiano la sostanza di certe scelte originarie, narrative e espressive.
Il libro è stato scritto prima di quella data, il film dopo: ormai sono due cose diverse.
Valide entrambe, ma diverse.
Quanto prima possibile cercherò di ovviare alla mancata visione del film, ma lo so già: continuerò a preferire il libro, e nessun attore riuscirà mai a sovrapporsi alle figure dei personaggi.
Di nessuno di loro, meno che mai a quella di Montgomery Brogan <3 .

sabato 9 luglio 2011

Schiacciato!

Treno affollato, soprattutto da ragazzetti di ritorno dal mare.
Due coppie (lui+lei) sono sedute comodamente a terra nel vano prospiciente le uscite, altri due (m/m) sono in piedi tra la folla impegnata anche a non finire addosso ai tardivi spiaggiaioli.
Caldo da sauna e fetore umano arricchiscono la totale noncuranza delle regole del buon vivere civile, di cui, per altro, nessuno si fa carico di proporre un, anche se minimo, rispetto.
Non c'è la forza, la voglia, importa solo arrivare, e, dopotutto, recuperare un po' di spazio e qualche maniglia, non migliorerebbe di molto la situazione generale... in fondo, le fermate continuano a presentarsi e passare una dopo l'altra: pur se con la lentezza di sempre, si arriverà, no?
[N.B.: un'altra volta, in condizioni simili -ero seduta, però- siamo rimasti fermi in una stazione un abbondante quarto d'ora!]
Nel frattempo arrivano alcuni dei ragazzetti.
Quelli in piedi, però!
E arrivano i saluti. Con quelli seduti.
In particolare con uno dei due, che, sciolto l'abbraccio alla prosperosa quanto l'amica dolce metà, china le labbra a deporsi un bacio sulla mano destra che poi offre, a palmo aperto, tra le persone, a uno degli amici, il quale ci chiude, con un battito leggero, la propria sopra.
Segue un gesto di generico saluto all'altro ragazzo.
Ora: va da sé che anche gli uomini hanno l'abitudine di salutarsi baciandosi, e che il livello di amicizia implica una diversa confidenza nel saluto, per cui, il fatto stesso non costituisce motivo di meraviglia, ma il gesto si!
Bellissimo! E sensuale!
Di una tenerezza e una complicità tutte maschili, che fanno pensare (bene) e un po' commuovono.
Ha vinto il caldo, quel bacio, il disagio della situazione, la poca educazione.
Mi ha messo, pure se in un bagno di sudore, di buon umore! :)))


'A' come 'Altro titolo'

E' da un po' di tempo che, ogni volta che entro in una libreria, la mia 'visita' comincia dalla lettera A, settore scrittori stranieri.
A come Abreu, Caio Fernando, scrittore brasiliano vissuto nella seconda metà di quel XX secolo che si allontana sempre di più.
La casa editrice Quarup ha pubblicato qualche anno fa il suo 'I draghi non conoscono il paradiso' (titolo e argomento più che stuzzicanti! ;) ), ma, mi spiace dirlo, dalle mie parti, per i canali soliti non è mai arrivato e dovrò ricorrere al solito, fidato, Internet! ;P
Una decina di giorni fa, però, alla FNAC, addirittura sull'espositore verticale dei sudamericani, ho trovato il nome di Abreu su una copertina che ritrae un paio di scarpe alte laccate rosse su un puro sfondo bianco, a presentare, per la casa editrice laNuovafrontiera, 'Dov'è finita Dulce Veiga?'.
Lì per lì sono rimasta genuinamente perplessa.
'E questo cos'è?', mi sono detta, 'Che ci fa qui?'.
Poi non volevo crederci: ero passata pochi minuti prima nel summenzionato settore A - scrittori stranieri, senza trovarne traccia!
Infine l'ho preso in mano.
E l'ho lasciato andare (una volta portatomelo legalmente a casa!) solo dopo averlo finito di leggere.
Se l'impressione che questo autore mi sarebbe piaciuto era forte, adesso è una certezza ancora più forte.
Mi piace l'elaborata semplicità del suo esporre fatti concreti, impressioni, sentimenti e ricordi.
Anche graficamente.
'Dov'è finita Dulce Veiga?' è la storia  della ricerca, da parte di un giornalista -la voce narrante- della cantante Dulce Veiga, sua prima intervista, ricomparsa, nella sua assenza, in un momento particolare della vita dell'uomo, nelle vesti della figlia di questa, cantante in un gruppo (punk?)rock.
Dai preliminari dell'intervista alla ragazza, ritorna il ricordo della donna, scomparsa improvvisamente, venti anni prima, alla vigilia di un concerto, in cerca di 'un'altra cosa da trovare', e di cui tutti, marito, amanti e figlia compresi, hanno perduto le tracce.
Tracce che il giornalista è costretto, dopo un articolo sulla cantante richiestogli dal direttore del giornale a (in)seguire per incarico del proprietario del giornale stesso.
I sette giorni durante i quali si dipana l'intera vicenda servono anche all'uomo per tornare a cercare se stesso nel proprio passato, fino, forse, a trovare, pure lui, oltre alla cantante, quella stessa cosa per cui ella ha abbandonato tutto il resto.
I personaggi sono tanti, tutti con un proprio spessore, perché, per quanto invenzione lettteraria, 'Dov'è finita Dulce Veiga?' è una storia di vita.
Reale nei suoi dettagli, pezzi di un mosaico complesso in cui non c'è un elemento dominante, pure se le vicende che seguiamo sono quelle di un tassello chiave che lega a sé un buon numero di altri pezzi.
Il finale è positivamente aperto, nonostante tutto un certo tipo di premesse e situazioni, e sembra indicare la serenità nell'accettare il mondo così com'è nel nostro vissuto come la chiave che apre la porta della speranza nel futuro.


mercoledì 29 giugno 2011

The songs...

Ho comprato il dvd di 'The song remains the same', il film, datato 1976,  tratto dai concerti che i Led Zeppelin fecero a New York nel 1973.
1973... ero piccoletta, all'epoca! Non mi rendevo proprio conto di quel che poi si sarebbe raccontato!
Probabilmente vedevo ma non ci facevo caso.
Sono convinta, però che certe immagini, nel fondo della mia memoria, ci siano.
Non in particolare dei Led Zeppelin - o magari anche di essi, chissà! - ma di quel che indossava quella generazione, si. Un certo tipo di persone, almeno.
E sarà per quello che guardo con disappunto certi abiti moderni.
Non parlo di quelli eleganti, classici, che fanno figura e stile sempre, ma di quelli caratterizzanti la vita di tutti i giorni.
Insomma, si, preferisco i jeans a pelle piuttosto che i pantaloni col cavallo alle ginocchia!
La vita bassa sagomata sui fianchi di allora alla brutta copia di oggi che ne sforma il disegno e butta su la pancia!
Pancia che poi, all'epoca, era prerogativa di una certa età e di una certa condizione sociale.
Luogo comune, senza dubbio, ma la sua assenza era una goduria per gli occhi, che le giovani generazioni conoscono solo in negativo.
(Fisico tonico e snello non è per niente uguale a fisico anoressico! Così come un po' di ciccia ben distribuita non è confrontabile col grasso sproporzionato e spropositato che c'è in giro!)
Certo, si, ognuno si veste come vuole... ma l'occhio è fatto per guardare, e vuole farlo provandone piacere.
(Ed è questo l'unico senso in cui 'grasso è bello'.)
Ora, la questione dell'epoca era anche il sottojeans...
Beh, in quel campo, oltre ai regressi (v. IL PIANTO e LA RISATA, dicembre 2010), la modernità ci ha fornito anche di qualche progresso, e il davvero invisibile è ormai una realtà (unisex) per cui ognuno si può sentire intimamente a suo agio.
Riguardo poi ai Led Zeppelin (che, altrimenti, verrebbero nominati principalmente a sproposito, anche se a superbo esempio), mi sa che, sempre all'epoca, la loro musica (come quella di tanti altri, intendiamoci), mi deve essere entrata nel cervello (e nel cuore), perché il mio corpo è come se la riconoscesse parte di sé.
Come un qualcosa di atavico, di succhiato col latte (Eh, gia! ;DDD).
Mi sono resa conto, che, in un modo o nell'altro, dev'essere stato così, perché mi trovo completamente a mio agio con un certo tipo di musica di quegli anni (pure con quella un po' precedente, però, come quella dei The Doors!), anche se, in verità, non so come sia stato possibile, visto che, a quell'età, l'indipendenza musicale non ce l'avevo!
Mah! Misteri della contemporaneità!


Geniale!

E' la sola parola per definire 'Cosmetica del nemico' di Amélie Nothomb (edizioni Voland).
Tre ore letterarie in cui si passa dal fastidio allo stupore, alla perplessità, allo sconcerto, seguendo il dialogo, scaturito e forzato dall'attesa per il ritardo della partenza di un aereo, da cui è costituito il nocciolo della storia.
Storia che, nella sua concretezza dei fatti, dialogo a parte appunto, è, nella sua essenzialità, descritta nelle tre righe iniziali e nelle dodici finali (Nell'edizione super economica! Sono sicuramente di meno nell'altra edizione!).
Il dialogo, che potrebbe anche venir considerato un doppio monologo, invece, è, alla fin fine, un lungo inciso tra il preambolo e la conclusione oggettiva, che tira fuori dall'anonimato di una situazione generica, protagonisti presenti e assenti, e racconta le loro vicende.
E' geniale il livello di coinvolgimento che certe parole riescono a farti provare.
E' geniale come le parole possano ribaltare i ruoli e trasformare le situazioni.
E' geniale come, senza mai perdere il filo, il controllo della situazione, il lettore abbia la possibilità di riconsiderare la propria posizione rispetto ai personaggi!
;DDD