venerdì 29 luglio 2011

CITAZIONE MUSICALE n°31

"Nun te scurda' nun te scurdà
Nun te scurda' pecchè sta vita se ne va
Nun te scurda', maje 'e te..."

[Almamegretta - Nun te scurdà]

(Non è egoismo, è autoconservazione! :P )

CITAZIONE LETTERARIA n°31

"Una è tanto più autentica quanto più assomiglia a ciò che ha sognato di se stessa..."

[Pedro Almodovar - Tutto su mia madre - Einaudi]

(E bisogna assolutamente sognare in grande! :P )

domenica 24 luglio 2011

La 25a ora

Non so cosa fossi impegnata a fare quando il film uscì, perché non andai a vederlo.
Eppure avevo da poco finito il corso di sceneggiatura...
Davvero non lo so.
Qualcosa nella pubblicità potrebbe avermi indisposto, sono fatta così.
Il titolo, però, mi è rimasto in mente senza un motivo, e ritrovarlo in programmi televisivi mi ha sempre ispirato una curiosità che però non aveva abbastanza energia da sollecitare soddisfazione.
Tutto finché (e si che gli anni sono passati! :P ) non mi sono trovata davanti il libro, opera di quello stesso David Benioff che mi aveva appena conquistata con 'La città dei ladri'.
Edizione economica della Beat, a dieci anni di distanza dalla prima della Neri Pozza, 'La 25a ora' è un altro gioiello di un narratore straordinario.
Storia semplice, lineare, costruita da personaggi potenti, secondari solamente di fronte all'eccezionalità del protagonista.
Forse troppo maturo per i suoi ventisei anni, ma probabilmente no, perché c'è un'età in cui la maturità è quella dell'anima e non quella del mondo.
E' essa che ci fa compiere determinate scelte, non perché è giusto, ma perché noi lo sentiamo giusto.
Ed è la stessa che ci concede quella 25a ora che ci salva e ci condanna.
Sono andata a cercare in Internet qualche notizia relativa al film: la sceneggiatura è di David Benioff stesso, ma ci sono alcune piccole varianti conseguenza dell'attacco alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001.
Queste, per me, un po' cambiano la sostanza di certe scelte originarie, narrative e espressive.
Il libro è stato scritto prima di quella data, il film dopo: ormai sono due cose diverse.
Valide entrambe, ma diverse.
Quanto prima possibile cercherò di ovviare alla mancata visione del film, ma lo so già: continuerò a preferire il libro, e nessun attore riuscirà mai a sovrapporsi alle figure dei personaggi.
Di nessuno di loro, meno che mai a quella di Montgomery Brogan <3 .

sabato 9 luglio 2011

Schiacciato!

Treno affollato, soprattutto da ragazzetti di ritorno dal mare.
Due coppie (lui+lei) sono sedute comodamente a terra nel vano prospiciente le uscite, altri due (m/m) sono in piedi tra la folla impegnata anche a non finire addosso ai tardivi spiaggiaioli.
Caldo da sauna e fetore umano arricchiscono la totale noncuranza delle regole del buon vivere civile, di cui, per altro, nessuno si fa carico di proporre un, anche se minimo, rispetto.
Non c'è la forza, la voglia, importa solo arrivare, e, dopotutto, recuperare un po' di spazio e qualche maniglia, non migliorerebbe di molto la situazione generale... in fondo, le fermate continuano a presentarsi e passare una dopo l'altra: pur se con la lentezza di sempre, si arriverà, no?
[N.B.: un'altra volta, in condizioni simili -ero seduta, però- siamo rimasti fermi in una stazione un abbondante quarto d'ora!]
Nel frattempo arrivano alcuni dei ragazzetti.
Quelli in piedi, però!
E arrivano i saluti. Con quelli seduti.
In particolare con uno dei due, che, sciolto l'abbraccio alla prosperosa quanto l'amica dolce metà, china le labbra a deporsi un bacio sulla mano destra che poi offre, a palmo aperto, tra le persone, a uno degli amici, il quale ci chiude, con un battito leggero, la propria sopra.
Segue un gesto di generico saluto all'altro ragazzo.
Ora: va da sé che anche gli uomini hanno l'abitudine di salutarsi baciandosi, e che il livello di amicizia implica una diversa confidenza nel saluto, per cui, il fatto stesso non costituisce motivo di meraviglia, ma il gesto si!
Bellissimo! E sensuale!
Di una tenerezza e una complicità tutte maschili, che fanno pensare (bene) e un po' commuovono.
Ha vinto il caldo, quel bacio, il disagio della situazione, la poca educazione.
Mi ha messo, pure se in un bagno di sudore, di buon umore! :)))


'A' come 'Altro titolo'

E' da un po' di tempo che, ogni volta che entro in una libreria, la mia 'visita' comincia dalla lettera A, settore scrittori stranieri.
A come Abreu, Caio Fernando, scrittore brasiliano vissuto nella seconda metà di quel XX secolo che si allontana sempre di più.
La casa editrice Quarup ha pubblicato qualche anno fa il suo 'I draghi non conoscono il paradiso' (titolo e argomento più che stuzzicanti! ;) ), ma, mi spiace dirlo, dalle mie parti, per i canali soliti non è mai arrivato e dovrò ricorrere al solito, fidato, Internet! ;P
Una decina di giorni fa, però, alla FNAC, addirittura sull'espositore verticale dei sudamericani, ho trovato il nome di Abreu su una copertina che ritrae un paio di scarpe alte laccate rosse su un puro sfondo bianco, a presentare, per la casa editrice laNuovafrontiera, 'Dov'è finita Dulce Veiga?'.
Lì per lì sono rimasta genuinamente perplessa.
'E questo cos'è?', mi sono detta, 'Che ci fa qui?'.
Poi non volevo crederci: ero passata pochi minuti prima nel summenzionato settore A - scrittori stranieri, senza trovarne traccia!
Infine l'ho preso in mano.
E l'ho lasciato andare (una volta portatomelo legalmente a casa!) solo dopo averlo finito di leggere.
Se l'impressione che questo autore mi sarebbe piaciuto era forte, adesso è una certezza ancora più forte.
Mi piace l'elaborata semplicità del suo esporre fatti concreti, impressioni, sentimenti e ricordi.
Anche graficamente.
'Dov'è finita Dulce Veiga?' è la storia  della ricerca, da parte di un giornalista -la voce narrante- della cantante Dulce Veiga, sua prima intervista, ricomparsa, nella sua assenza, in un momento particolare della vita dell'uomo, nelle vesti della figlia di questa, cantante in un gruppo (punk?)rock.
Dai preliminari dell'intervista alla ragazza, ritorna il ricordo della donna, scomparsa improvvisamente, venti anni prima, alla vigilia di un concerto, in cerca di 'un'altra cosa da trovare', e di cui tutti, marito, amanti e figlia compresi, hanno perduto le tracce.
Tracce che il giornalista è costretto, dopo un articolo sulla cantante richiestogli dal direttore del giornale a (in)seguire per incarico del proprietario del giornale stesso.
I sette giorni durante i quali si dipana l'intera vicenda servono anche all'uomo per tornare a cercare se stesso nel proprio passato, fino, forse, a trovare, pure lui, oltre alla cantante, quella stessa cosa per cui ella ha abbandonato tutto il resto.
I personaggi sono tanti, tutti con un proprio spessore, perché, per quanto invenzione lettteraria, 'Dov'è finita Dulce Veiga?' è una storia di vita.
Reale nei suoi dettagli, pezzi di un mosaico complesso in cui non c'è un elemento dominante, pure se le vicende che seguiamo sono quelle di un tassello chiave che lega a sé un buon numero di altri pezzi.
Il finale è positivamente aperto, nonostante tutto un certo tipo di premesse e situazioni, e sembra indicare la serenità nell'accettare il mondo così com'è nel nostro vissuto come la chiave che apre la porta della speranza nel futuro.