lunedì 29 giugno 2009

NOSTALGIA

E' così.
Se ne sono andati, quasi nello stesso momento, l' 'Angelo di Charlie' e 'il Re del pop'.
E' così.
Sai che, se pure il loro mito durerà in eterno, loro non ci saranno più. E, in te, qualcosa è cambiato.
E' cambiato perchè, se pure, nella vita di tutti i giorni, lontanissime da questa, erano, in fondo, due icone che ne hanno fatto parte da vicino.
Non mi ricordo il nome che aveva, nel telefilm, Farrah Fawcett, nè chi la interpretava, quando, con mia sorella e mia cugina, giocavamo alle 'Charlie's Angels'. Non dovevo essere io, perchè lei era bionda e io ho scelto sempre protagoniste brune, ma questo non è importante. Lo è il fatto che, quel gioco, è una delle cose con cui siamo cresciute.
E anche coi cartoni animati dei 'Jackson Five'!
E sulle canzoni di Michael Jackson abbiamo ballato alle feste, ritrovando, in carne e ossa, un 'personaggio' che è diventato più 'personaggio' di quello bidimensionale.
E' difficile ammettere, in questi casi, a differenza di quel che è stato, per esempio, con Paul Newman, meno di un anno fa, lo scorrere del tempo.
Anche perchè, forse, di tempo, qui, non ne è scorso poi troppo.
Ma la vita è anche questo...

lunedì 22 giugno 2009

VODKA

Per diretta associazione di idee col post precedente ('citazioni' escluse) dovrei iniziare da questo.
Perché i Siberiani bevono vodka? Certo, lo fanno, ma... no, non è a questo che mi riferivo, quanto, piuttosto, al fatto che tatuaggio è una parola chiave in 'Educazione Siberiana', così come vodka lo è in 'In questi giorni sono fuori di me', di Josh Kilmer-Purcell, edito dalla Baldini Castoldi Dalai.
La vodka la beve Aqua (Aquadisiac), cioè Josh Kilmer-Purcell nelle sue vesti di Drag Queen.
Anche le Drag Queen, un po' come i tatuaggi, hanno sempre stuzzicato la mia fantasia.
Però sono sempre stata più timida nei confronti di questo soggetto, e così, quando, nel periodo di Natale, sul blog di Matteo BBianchi, ho scoperto l'esistenza di questo libro, me ne sono subito messa in cerca.
Ci sono voluti quasi cinque mesi di peregrinazioni nelle librerie, per averlo!
Unica copia sullo scaffale su cui non ho esitato a mettere le mani!
Spero solo di non aver sottratto la preda richiesta a qualcuno a cui il libraio non l'ha custodita premurosamente alla larga da occhi rapaci!
Nel caso... le mie più sentite scuse e l'augurio di entrare al più presto in possesso di un altro volume.
(Questo me lo tengo stretto! ;))) )
Se poi, come spero, non fosse andata così, mi farebbe piacere conoscere i possessori e le impressioni al riguardo, delle altre due copie che, come per tutti i libri non propriamente da 'ressa al botteghino', affollano gli scaffali delle nostre librerie.
[Si, lo so, Internet mi avrebbe accontentato subito, ma io sono sempre dell'idea che un libro devo tenerlo in mano, prima di comprarlo!]
Tornando a Aqua e ai suoi pesci rossi, versione notturna del diurno Josh, Junior Art Director di una agenzia pubblicitaria, questo libro, un 'memoir', come espressamente indicato, racconta un periodo della sua vita, e cioè quello della sua storia d'amore con Jack, l'escort gay Aidan, incredibilmente ricco, nella NewYork degli anni novanta.
Non parlerò della trama.
Come ogni storia, anche questa ha un inizio, un corpo e una fine, e i risvolti di copertina la sintetizzano egregiamente.
Quel che mi va di sottolineare è, che, questo, è un racconto tremendamente intenso, dove, l'ironia nell'affrontare la vita, si sposa alla profondità dei sentimenti che la fanno ritenere tale.
Non è una storia facile, perché convivere con alcol e droga non è facile, ma è una storia che ti prende.
Ti prende e ti trascina nello stesso vortice in cui ruotano i personaggi descritti, e da cui non vuoi uscire finché non è la storia stessa a portarti fuori, lasciandoti a guardarla affievolirsi nel suo girare, fino a dissolversi per dar posto ad altro.
Quello che succede a Josh, del resto.
Josh. Ecco.
Mi imbarazza ancora (si fa per dire! ;PPP ;DDD) l'abbaglio che ho preso nei suoi confronti!
Qualcosa, nella succinta biografia nel risvolto posteriore, mi è sfuggito, ed è partita un'associazione temporale con Divine e gli ho attribuito il doppio degli anni che ha!
Prima di arrivare a pagina 40, però, sono andata a documentarmi (Internet, I love you!), e i tasselli del puzzle, che si incastravano senza un senso, l'hanno trovato. Mi sono data della stupida, ho riso tanto e sto ridendo ancora! :DDD
Quello di cui non c'è da ridere affatto, è, invece, il lavoro per trasformarsi in Drag Queen!
Pazzesco!
Ma, 'se bella vuoi apparire'... tanto, ma davvero tanto, devi soffrire! Brrr!!!
A proposito della frase che costituisce il titolo, poi, mi è venuta una curiosità: si riferisce, ovviamente, al periodo di tempo descritto nel libro, ma avrei voluto sapere quando era stata pronunciata (anche se in maniera solo letteraria).
Beh, prendendo in considerazione la biografia (attentamente, questa volta), una risposta me la sono data, ma, più verosimilmente, è attribuibile sia al periodo narrato che a quello della narrazione.
Ah, già, la vodka! ;DDD
Beh, si, mi piace!
E il caso ha voluto che me ne venisse offerto un bicchiere, debitamente aromatizzato con la scorza di limone, qualche giorno dopo aver letto l'ultima, stupenda, pagina dell'epilogo.
Ho brindato con me stessa alla memoria di Aqua e alla salute (e alla felicità) di Josh. :)))



giovedì 18 giugno 2009

CITAZIONE MUSICALE n°6

"All I ever wanted
All I ever needed
Is here in my arms
Words are very unnecessary
They can only do harm...
Enjoy the silence."

[Depeche Mode - Enjoy the silence ]

(appunto! :DDD)


CITAZIONE LETTERARIA n°6

"Ma poi, in fondo, è proprio necessario che parli così direttamente di me? Preferisco di gran lunga descrivermi nelle carezze che riservo ai miei amanti."

[Jean Genet - Notre-Dame-Des-Fleurs - NET (Il saggiatore)]

(le azioni contano più delle parole... ;PPP ;))) )



domenica 14 giugno 2009

TATUAGGI

I disegni sulla pelle, mono e poli cromi, mi hanno sempre affascinato: dietro ognuno di essi c'è sempre una storia.
Sempre, scorgendone qualcuno, evidentemente in mostra o semi celato dagli abiti, mi sono ritrovata, magari cercando di non farmi notare, a fissarlo, a metà fra l'incantato e il curioso, cercando di indovinarne il segreto.
Non è materia facile, il tatuaggio.
Rispetta regole e simbologie precise, soprattutto in relazione a etnie e sistemi sociali di appartenenza, ma, allo stesso tempo, concede spazio e non nega niente alla fantasia di chiunque.
Mi sono anche fermata tante volte davanti ai negozi dei tatuatori, ma le foto in vetrina, vuoi per la poca perizia degli esecutori, vuoi per lo scolorimento dovuto al sole, non hanno lo stesso fascino della pelle viva.
Internet è stato, invece, estremamente appagante! ;)))
Sarà stata quindi la parola magica 'tatuatore' ad attirare la mia attenzione su questo (bel) giovane che trovavo ospite, in ogni canale televisivo, un paio di mesi fa: Nicolai Lilin.
Sinceramente, lì per lì, non ho badato molto alla sua storia, ma un'altra parola 'magica': 'Siberia' nel titolo del suo libro, edito da Einaudi, 'Educazione Siberiana', me l'ha fatto comprare appena una settimana dopo l'uscita in libreria. (Non c'era fretta: con tutta la pubblicità che ha avuto non era possibile non trovarlo!)
L'ho letto però, solo l'altra settimana!
(La 'lista d'attesa' e l'umore vanno sempre rispettati!)
Nelle colonne di presentazione, in copertina, si dice che è un libro 'unico, senza paragoni possibili'.
E' vero e non lo è.
La società criminale siberiana, luogo del racconto, la 'educazione', appunto, di Nicolai, ad essere membro attivo e partecipe della sua comunità, è quel che recita la definizione stessa: il mondo di chi le appartiene, con le sue regole e la sua logica. Giusta o sbagliata che sia ai nostri occhi.
La prima cosa che si rende prepotentemente evidente, e con cui siamo subito chiamati a rapportarci, è che, una qualunque società, criminale o no, per chiamarsi tale, ha delle leggi da rispettare, dei principi che si accetta di condividere, per ritenersi parte di essa.
Il descrivere l'appartenenza a un gruppo, quale che sia, è già stato fatto.
E' il sentirsi parte di essa, descritto da Nicolai Lilin, che fa riflettere. Che ci fa guardare allo specchio per porci la domanda a cui lui ha già la risposta.
Che è implicita in quell' 'educazione' che lui sente come mezzo per 'appartenere'.
Si 'è', perché si è 'educati ad essere'.
Un concetto che è, all'origine, la prima regola di ogni convivenza civile, sotto l'identificazione di una appartenenza.
La trama è semplice: la sua giovinezza, le vite, le storie di chi gli sta intorno, che si intrecciano e scaturiscono l'una dall'altra.
Il talento non sta nell'originalità, quanto, piuttosto, nel farci entrare a far perte di questo mondo, per tanti versi estraneo al 'nostro', con un italiano 'parlato' e una potenza di evocazione visiva che meritano tutta l'invidia 'sana' possibile.
(è segnalato, nelle note di copertina, che Nicolai Lilin ha scritto il romanzo in italiano! un italiano estremamente corretto, anche se, come dicevo prima, parlato!)
'Educazione Siberiana' è un libro bello.
Bello perché rende partecipe, non stanca, stupisce, diverte pure, ti mette di fronte alla realtà, dura e crudele così come sentimentale e tenera, fa riflettere, fa pensare.
Ti senti mancare qualcosa, quando, finito, lo riponi, però, poi, ti rendi conto che, come il pigmento del tatuaggio, ti è entrato dentro e non viene più via.

PS: adesso, i tatuaggi, li guardo ancora con più interesse: cerco, senza averne le capacità, di 'leggerli'.
Avrò mai il coraggio di farmene uno?


giovedì 4 giugno 2009

XX bastano!

Sabato scorso, piena di entusiasmo come sempre mi succede quando mi accingo a partecipare a queste manifestazioni, sono andata a Galassia Gutenberg.
Scenario: la Stazione Marittima.
Il 'ventesimo anno' lasciava presupporre grandi cose, in senso qualitativo, se non quantitativo.
Invece, come da un po' di anni a questa parte, è stata una delusione.
I 'soliti' editori 'minori' (ma che, attualmente, 'minori' non sono, e a cui va la mia più incondizionata stima).
I grandi assenti 'di sempre'.
Gli stand sempre più ridotti e condivisi.
Una fiera da tempo di guerra!
Certo, le ultime novità di ognuno dei presenti c'erano. Ma frequentando le librerie, quelli che mi avevano colpito, li avevo già comprati, quando non addirittura letti, tutti!
Non sarebbe stato questo il problema, tuttavia, perché qualcosa che ti piace, qualcosa che non hai, qualcosa di cui hai detto "la compro una prossima volta", tra tanti libri, la trovi sempre!
Così è stato, in effetti, ma quello che è mancato, è stato lo spirito di una manifestazione di questo tipo.
Ci si va non (solo) per comprare, ma per vivere una certa atmosfera, per condividere con altri la tua passione.
E invece no. Pubblico sempre più scarso e sempre meno interessato.
Perché?
Perché c'è poca, anche se non quantitativa (pure se, dalla prima edizione della manifestazione, la proposta si è ridotta, forse, proprio a un ventesimo!), offerta.
Mancano gli stimoli a partecipare, mancano le idee da far circolare, manca la volontà di far essere la lettura bene primario per l'anima!
Certo, la gente, in pratica, legge. Non quanto sarebbe auspicabile, ma lo fa. Solo che, il libro in quanto tale, con tutte le sue implicazioni, non è considerato un oggetto di 'culto', quindi degno di essere conosciuto, corteggiato, conquistato, in una fiera.
Si va in libreria e si sceglie nei successi/classici/novità del momento. Senza fatica, senza sentimento. Senza scambiare mezza parola, un parere, un commento, con qualcun altro.
Certo, se devi pagare per entrare in una fiera in cui lo 'sconto fiera' è roba da museo (anche se qualcuno, quest'anno, secondo me mosso dalla disperazione, lo ha riesumato) e in cui le manifestazioni/conferenze accessorie dovrebbero essere un incentivo, anziché giustificare la spesa, non posso non condividere la scelta di starsene a casa o a prendere il sole! Ma questa pratica andava stroncata alla seconda edizione, inutile lamentarsi adesso!
Una fiera è l'occasione per 'toccare con mano' una certa realtà. Per far stabilire contatti con gli autori e gli editori non solo agli 'addetti ai lavori', ma al pubblico che fruisce di questi prodotti. Una maniera di avvicinarsi a un mondo che, solo apparentemente, è lontano da quello della nostra vita di tutti i giorni.
Qui quest'idea si è persa.
Resta, invece, la delusione, la tristezza, la voglia di dire 'basta' a questa che è, a conti fatti, una farsa.


(no image available)