domenica 14 giugno 2009

TATUAGGI

I disegni sulla pelle, mono e poli cromi, mi hanno sempre affascinato: dietro ognuno di essi c'è sempre una storia.
Sempre, scorgendone qualcuno, evidentemente in mostra o semi celato dagli abiti, mi sono ritrovata, magari cercando di non farmi notare, a fissarlo, a metà fra l'incantato e il curioso, cercando di indovinarne il segreto.
Non è materia facile, il tatuaggio.
Rispetta regole e simbologie precise, soprattutto in relazione a etnie e sistemi sociali di appartenenza, ma, allo stesso tempo, concede spazio e non nega niente alla fantasia di chiunque.
Mi sono anche fermata tante volte davanti ai negozi dei tatuatori, ma le foto in vetrina, vuoi per la poca perizia degli esecutori, vuoi per lo scolorimento dovuto al sole, non hanno lo stesso fascino della pelle viva.
Internet è stato, invece, estremamente appagante! ;)))
Sarà stata quindi la parola magica 'tatuatore' ad attirare la mia attenzione su questo (bel) giovane che trovavo ospite, in ogni canale televisivo, un paio di mesi fa: Nicolai Lilin.
Sinceramente, lì per lì, non ho badato molto alla sua storia, ma un'altra parola 'magica': 'Siberia' nel titolo del suo libro, edito da Einaudi, 'Educazione Siberiana', me l'ha fatto comprare appena una settimana dopo l'uscita in libreria. (Non c'era fretta: con tutta la pubblicità che ha avuto non era possibile non trovarlo!)
L'ho letto però, solo l'altra settimana!
(La 'lista d'attesa' e l'umore vanno sempre rispettati!)
Nelle colonne di presentazione, in copertina, si dice che è un libro 'unico, senza paragoni possibili'.
E' vero e non lo è.
La società criminale siberiana, luogo del racconto, la 'educazione', appunto, di Nicolai, ad essere membro attivo e partecipe della sua comunità, è quel che recita la definizione stessa: il mondo di chi le appartiene, con le sue regole e la sua logica. Giusta o sbagliata che sia ai nostri occhi.
La prima cosa che si rende prepotentemente evidente, e con cui siamo subito chiamati a rapportarci, è che, una qualunque società, criminale o no, per chiamarsi tale, ha delle leggi da rispettare, dei principi che si accetta di condividere, per ritenersi parte di essa.
Il descrivere l'appartenenza a un gruppo, quale che sia, è già stato fatto.
E' il sentirsi parte di essa, descritto da Nicolai Lilin, che fa riflettere. Che ci fa guardare allo specchio per porci la domanda a cui lui ha già la risposta.
Che è implicita in quell' 'educazione' che lui sente come mezzo per 'appartenere'.
Si 'è', perché si è 'educati ad essere'.
Un concetto che è, all'origine, la prima regola di ogni convivenza civile, sotto l'identificazione di una appartenenza.
La trama è semplice: la sua giovinezza, le vite, le storie di chi gli sta intorno, che si intrecciano e scaturiscono l'una dall'altra.
Il talento non sta nell'originalità, quanto, piuttosto, nel farci entrare a far perte di questo mondo, per tanti versi estraneo al 'nostro', con un italiano 'parlato' e una potenza di evocazione visiva che meritano tutta l'invidia 'sana' possibile.
(è segnalato, nelle note di copertina, che Nicolai Lilin ha scritto il romanzo in italiano! un italiano estremamente corretto, anche se, come dicevo prima, parlato!)
'Educazione Siberiana' è un libro bello.
Bello perché rende partecipe, non stanca, stupisce, diverte pure, ti mette di fronte alla realtà, dura e crudele così come sentimentale e tenera, fa riflettere, fa pensare.
Ti senti mancare qualcosa, quando, finito, lo riponi, però, poi, ti rendi conto che, come il pigmento del tatuaggio, ti è entrato dentro e non viene più via.

PS: adesso, i tatuaggi, li guardo ancora con più interesse: cerco, senza averne le capacità, di 'leggerli'.
Avrò mai il coraggio di farmene uno?


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