Autobus di mezza mattinata estiva discretamente affollato.
Da dove sono seduta, la visuale è ottima, l'audio, per i rumori esterni ed interni, no.
I due soggetti devono essere vicini ai settanta e tutto farà pensare che siano amici da lunga data, in confidenza fra loro.
Sono in prossimità dell'uscita e si capisce che scenderanno a due diverse fermate.
L'altro che si dicono, se se lo dicono, non si capisce, ma il gesto che fa il primo in partenza, con il medio e le altre dita della mano, puntato il primo e arrotondate le seconde, appoggiandole in prossimità del solco sul fondoschiena dell'altro, è piuttosto esplicito.
Il secondo in partenza, dal canto suo, fattosi superare davanti all'uscita, accenna una non convincente risata imbarazzata e, più per prassi che per convinzione, sembra, fa finta di dargli un calcio nel polpaccio.
Il primo ride e scende.
Il secondo, come se niente fosse, scende due fermate dopo.
Strani esseri, gli uomini.
Strano il loro modo di 'essere maschi'.
Strano il loro modo di 'giocare'.
Assurdo il loro accanirsi sui sentimenti dei loro simili.
O, all'occasione, di negare i propri.
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