mercoledì 31 luglio 2019

La pesca (gialla)

Stavo scrivendo (a mano) uno dei paragrafi [4,8] di 'Stelle', quando ho avuto bisogno di controllare un dato che si trovava in uno dei paragrafi [4,7] (stampati). Nel cercare il passo che mi serviva, mi sono ritrovata a leggere la descrizione del dolce che ha preparato uno dei personaggi. Questa era talmente invitante che me ne ha fatto venire la voglia! Ma... il dolce in questione ha la forma di una pesca bianca e, soprattutto, ne contiene la polpa, e io, le pesche, per quanto possano piacermi esteticamente ed avere un buon odore, non le mangio, né le bianche, né, a maggior ragione, quelle gialle. (Queste ultime, nella sangria, che pure proprio a causa loro non bevo volentieri, faccio finta di non vederle e le scarto.)
Mai sono state la mia frutta preferita, le pesche, e questo è un dato di fatto, ma la repulsione per quella gialla ha un motivo, seppur di natura psicologica, concreto, 'trasportato' a quelle bianche che però, per un periodo, limitatamente ad un frutto o due all'anno, quindi, facendo un conto generoso stiamo parlando, forse, di una quindicina di frutti nell'arco della mia vita fino ad adesso, più per amore verso mio padre che per piacere, sono riuscita a mangiare.
Il 'trauma' si verificò nel dopo-continuo pranzo di una giornata estiva della mia infanzia.
Ricordo, come fosse ieri, il bicchiere coi pezzi di pesca gialla dentro (scivolano sul piatto degli adulti, figuriamoci su quello dei bambini, il bicchiere le tiene a bada) e io che, volente o nolente, invogliata a farlo all'aria aperta piuttosto che al tavolo, purché lo faccia, sono sul balcone, forchetta in mano a mangiarli, quando ecco che uno zanzarone (probabilmente un tipulide) si posa su uno dei pezzi e, innocentemente, ci sta qualche secondo di troppo, il tempo giusto perché io lo noti e ne sia irrimediabilmente disgustata. La bestia vola poi via, ed essendosene andata, per chi mi vuol far mangiare la pesca non c'è ragione perché io non continui a farlo. E probabilmente era così. Se sulla pesca ci si fosse posata un'ape o una farfalla non avrei fatto storie e magari a quest'ora ne avrei mangiata qualcuna in più, ma lo zanzarone, con la sua andatura e il suo 'peso' molle, dettato più dalla sua conformazione che dalla massa reale... no! No, no, no!
Però mi toccò mangiare la porzione di pesca, quasi tutta, almeno. E dopo mi venne la nausea. (E se ripenso alla cosa mi viene ancora!) E vomitai.
Ma la mia spiegazione relativa alla causa e all'effetto, a causa della presunta epatite contratta da due bambini, più piccoli e con cui non avevamo contatti, che abitavano nel palazzo, fu presa con leggerezza, e tenuta in nessuna considerazione anche col prevalere del buon senso dopo la stretta osservazione del mio stato di salute nei giorni immediatamente successivi.
Anche successivamente, del resto, davanti alla richiesta della motivazione del mio rifiuto di mangiare pesche, la verità non ha mai ottenuto consensi. Il perché non lo so, ma una cosa è certa: non c'è possibilità che io ne mangi. (Da tanto non assaggio più neanche quelle bianche!)
Per affinità di stagione di consumo e di colore, non mangio anche le albicocche.
Di queste ultime, però, tramando una sorta di vendetta simbolica (usare le pesche sarebbe stato troppo ovvio), ne ho fatto, proprio in 'Stelle' , la bestia nera di Andrè.
[Quanto si può essere crudeli coi propri personaggi preferiti?]
Concludo con un'ultima curiosità: non mangio volentieri le cose nei bicchieri.
Ah, ma questo mi sembra piuttosto ovvio, mi tengo alla larga dagli zanzaroni.

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