domenica 27 aprile 2014

Quattordicenni

Se è stato il titolo (una volta tanto tradotto letteralmente) o le trentatrè righe del primo capitolo, a convincermi a comprare Sacha Sperling, 'Le mie illusioni danno sul cortile' (Einaudi), non lo so: di norma le storie dei quattordicenni non sono il mio argomento di lettura preferito.
Si, è vero, ...Christiane.
Ed è vero pure che, forse, è stato aver letto della  sua 'seconda vita' a farmi leggere di questo quattordicenne parigino di adesso, Sacha appunto, di cui la quarta di copertina dice solo che vive nella capitale francese e che ha scritto questo suo primo romanzo a diciott'anni.
E questa affermazione, senz'altre smentite data per vera, mi ha fatto pensare.
Diciott'anni: sei maggiorenne, puoi fare, dire, scrivere, quello che vuoi, in piena responsabilità e coscienza di farlo.
L'argomento del libro è, per episodi successivi e concatenati, la vita di Sacha nel primo anno di scuola superiore, l'amicizia con un coetaneo, il rapporto col piccolo gruppo di amici che ha da sempre, quello con la famiglia.
Non me lo ricordo quel che pensavo, dicevo, volevo,  a quattordici anni. Ricordo solo di chi ero innamorata (più di uno, si.), e quindi, forse, ha ragione lui a dire che abbiamo dimenticato di quando ci siamo trovati catapultati nella 'vita' senza poter far niente.
Implica, però, questa cosa, lo 'sballarsi' per accettarla?
Non lo so.
All'epoca, si, questo me lo ricordo, qualcuno lo ha fatto, e... ma si è sempre detto, pensato, che un disagio fosse alla base di questi comportamenti.
Una implicita giustifica.
Il 'disagio', però, la 'barriera da saltare' che quella età rappresenta, sono sempre gli stessi, in ogni epoca. E 'il rimedio' pure.
E' triste questa cosa.
E' triste constatare come nulla sia cambiato.
In fondo 'tutto' ce l'avevamo anche vent'anni fa, quindi non è di questo che si può venire accusati.
E un libro non è la sede per trovare soluzioni, ma può, nuovamente, metterti di fronte a un problema: l'adolescenza esiste, e va 'superata'.
Il Sacha del romanzo lo fa e può raccontarlo, con le parole di un Sacha che non ha più quattordici anni.
E' strana la sensazione che si ha leggendo: parla il quattordicenne, ma chi lo fa parlare non lo è più, e non perché è scritto in quarta di copertina, ma perché quella 'barriera' l'ha saltata.
La storia, episodi di vita, uno sperimentare l'amore, 'normali', in fondo in fondo non si distaccano molto dalla media delle esperienze di ognuno: cambiano i luoghi, i fatti, ma la sostanza è la stessa.
E, probabilmente, anche quella necessità, ormai dimenticata, di 'sballare', pure se ciascuno di noi l'ha assecondata in maniera diversa e non necessariamente estrema.
Un raffronto con Christiane mi è venuto spontaneo, mi è venuto spontaneo considerare che, forse, c'erano altri 'ideali' per comportarsi in una certa maniera, prima, e, invece, adesso no, però, ad una più attenta analisi, l'unica considerazione possibile è questa: niente è cambiato e niente cambierà, ma la forza di sopravvivere ci sarà sempre, a guidarci, perché solo chi si arrende davvero è davvero perduto.

Nessun commento: