domenica 25 ottobre 2009

DONNE

Giovedì pomeriggio sono andata a cinema: Viola di mare, un film di donne per un pomeriggio di donne.
Iniziato sul treno.
[Per andare a cinema devo prendere almeno due mezzi di trasporto, e, se consideriamo il fatto che, quand'ero bambina, qui c'erano almeno dieci sale cinematografiche, e che, adesso, c'è solo un cinemateatro che fa quel che vuole, la si può solo ritenere una vera indecenza!]
Dove, cuffiette dell'mp3 (è strana, da dire, questa cosa! ;DDD) nelle orecchie e penna sul blocchetto (le situazioni me le ricordo sempre, ma, a volte, le battute, se non le scrivo subito, me le perdo, anche se il senso no), una signora, sedutamisi a fianco dall'altro lato del corridoio, prima mi chiede indicazioni per raggiungere la metropolitana attraverso gli impedimenti dei lavori in corso, poi se sto scrivendo un romanzo.
Ho risposto anche alla seconda domanda.
(In verità la scena non apparteneva al romanzo, ma a uno dei racconti, solo... non era il caso di star lì a dare tante spiegazioni!)
Ed è nata una amichevole discussione, proseguita anche in metropolitana, su letteratura e scrittori, antichi e moderni, e sul fatto se valga o no la pena di leggere questi ultimi.
Secondo me, per alcuni di loro, la risposta è si.
Secondo lei, no.
Ma le sue motivazioni per aver, a detta sua, smesso di leggere, sono più complesse della semplice qualità dello scritto.
In effetti, la signora, elegante e di una sensualità intrigante, la si potrebbe considerare un personaggio da romanzo, solo che è reale.
[E quindi, quel che mi ha detto di sé, rimarrà una confidenza! ;))) ]
Sul treno della metropolitana, causa la folla, è salita prima di me, e, gentilmente, mi ha conservato un posto. :)))
I restanti due del settore erano occupati da altre donne, e, mentre lei mi diceva che la gente non legge, la ragazza di fronte a me ha tirato fuori un libro, così la discussione è proseguita a quattro.
Sono stata la prima a scendere, e, mentre mi preparavo a farlo, la signora mi ha chiesto come mi chiamavo, nell'eventualità un giorno pubblicassi qualcosa.
Gliel'ho detto.
Poi ho raggiunto il cinema.
E mi sono accorta di essere andata a quello sbagliato!
Fortunatamente, quello giusto era poco lontano ed ero in anticipo anche lì! ;DDD
Non che la mini avventura non valesse la pena dell'uscita, ma volevo vedere Viola di mare!
Nelle presentazioni mi avevano conquistato l'espressione nel farlo e la frase stessa che la madre pronuncia davanti al prete.
E' stato questo, più che l'argomento, che pure mi stuzzicava, a farmi venire la voglia di vedere il film!
La storia regge e non si fa fatica, né a seguirla, né a solidarizzare coi personaggi.
E non parlo solo delle due ragazze, Angela/Angelo e Sara, ma di tutti.
Questa, però, è una delle cose che fa riflettere!
Ognuno ha le sue ragioni per agire come agisce, e sono tutte valide, anche se alcune non condivisibili.
E' il ruolo occupato da ciascuno nella società che determina e guida i comportamenti di tutti, ma, allo stesso tempo, permette l'artificio in grado di consentire alle due protagoniste di vivere, quasi alla luce del sole, la loro storia d'amore.
Proprio tutto l'amore che, attraverso una serie di comportamenti, gli altri personaggi riversano sulle due ragazze, però, mi fa chiedere: è possibile che, salvate le 'apparenze', siamo tutti buoni e tolleranti davanti alla sessualità 'non convenzionale'?
Certo, qualche dimostrazione di vaga ostilità viene rappresentata, ma il suo peso sulla vicenda è praticamente nullo.
E a me sembra irreale!
Forse perché mi guardo intorno oggi e quello che vedo mi sconcerta, e, allora, posso solo pensare che il mondo è peggiorato!
Anche se non sono a conoscenza di un qualsiasi periodo in cui gli omosessuali se la siano passata bene!
Nonostante l'intolleranza non sia legge per ognuno di noi, Viola di mare ha il sapore di una favola.
Amara, ma con un tristissimo lieto fine.
La scena conclusiva, nella chiesa, con ciò che sottintende, è quella che mi è piaciuta di più.
Ma di 'sottintesi' lasciati alla fantasia di chi guarda, di argomenti accennati e abbandonati, nella narrazione, ce ne sono stati un po' troppi: dalle 'pratiche' del prete (che sembravano esercitarsi in una direzione diversa da quella che era), all'amicizia che lega i protagonisti più giovani (senza la quale, tutta una serie di azioni successive non me le spiego!), alle 'abitudini' del padre di Angela (di cui non c'era possibilità di accorgersi).
Le donne, nonostante tutto, la fanno da padrone, e questo, se può essere inteso positivamente, richiama, però, l'attenzione sul fatto che la realtà è diversa.
In linea di massima, non nei casi particolari.
Sull'immagine finale, una nota indica che il film è ispirato ad una storia vera, ma, dopo i titoli di coda, una dicitura avverte che 'ogni riferimento a fatti o persone realmente esistiti è puramente casuale', quindi una ricerca su internet (qui) mi segnala che la sceneggiatura è liberamente tratta dal romanzo di Giacomo Pilati 'Minchia di Re'.
E allora mi viene voglia di dire la mia: se siete capaci di spiegare il motivo per cui una donna che ne ama un'altra dev'essere rinchiusa in cantina finché non cambia idea, portatelo a vedere ai vostri figli, maschi e femmine, perché si rendano conto al più presto di una cosa che mi piace riportare con le parole di uno scrittore che è riuscito a renderla in maniera superbamente semplice:

"Come può un pensiero o un sentimento che trasfigura il mondo e lo vivifica e rende ogni giornata importante, pur colmandomi dolorosamente di malinconia e di desiderio, come può essere altrimenti che buono?"

[Alan Bennett - Scritto sul corpo - Adelphi]


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