martedì 15 marzo 2011

L'altra volta

Tornavo a casa di corsa, ieri sera, dopo la lezione di russo, e non è che non ci pensassi, ma la fretta non favorisce le elucubrazioni mentali, però, nella via deserta (o quasi) le voci dei due uomini che camminavano in senso inverso al mio mi sono arrivate distintamente:
[riporto con più o meno accuratezza di parole, ma il senso è quello]
primo uomo: "Certo che è strano... con tutto quello che è successo sembrano così insensibili..."
secondo uomo: "Ma quelli già hanno avuto tanti morti l'altra volta. Quelli hanno avuto la bomba atomica.".
Stavano parlando del terremoto in Giappone, e, fretta o non fretta, il pensiero è tornato lì.
"E' vero.", ho pensato, "Di fronte a quello, qualsiasi cosa, per quanto terribile, perde di importanza.".
Perchè casuale e non provocata.
L'altra volta li ha segnati, certo, sarebbe stato strano non l'avesse fatto!
Ma non li ha resi per niente insensibili! Rassegnati, forse, all'ineluttabilità del caso, dell'ingovernabile.
Il che non diminuisce la tragedia, ma certamente pone sotto un altro aspetto la gravità della cosa.
A cominciare dal fatto che, in un qualsiasi altro paese, non sarebbe rimasto nessuno a contare le vittime nel niente delle macerie, per finire col senso di responsabilità di chi tutt'ora non ha abbandonato il posto di lavoro.
Il che fa crescere a dismisura l'ammirazione per un popolo cosciente di quel che significa esistere.
E la sincera preoccupazione per quelli che vivono lì e che conosco solo attraverso le loro opere.

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