lunedì 13 giugno 2016

Degli scritti miei ed altrui

Con la matita in mano mi piace leggere solo quello che scrivo io.
Perché, finché una cosa non va in stampa, è sempre possibile migliorarla, e, su centinaia e centinaia di pagine, qualcosa può sempre scapparti da sotto gli occhi.
Poiché quello che scrivo non è un manuale di sopravvivenza (o forse sì, chi lo sa?) e io sono una perfetta sconosciuta per l'editoria e per il mondo che si mette in mostra in genere, mi ritrovo a valutare un certo numero di opere pubblicate da case editrici così dette 'minori' per trovare qualcosa di adatto, come settore, a quel che scrivo.
Non è un gran lavoro, perché, come lettrice, sono curiosa e ho esperienza. Tanta. Troppa, forse, per più di qualcuno.
Potrei farlo per lavoro: sia valutare i libri, che correggerli. E non è una contraddizione con la mia affermazione iniziale, che si riferisce, forse è bene chiarirlo, ad opere già pubblicate.
Revisioni di opere ho provato a farle per conoscenti, ma, a quanto pare, la presunzione affoga il buon senso.
Qualche volta, però il lavoro -lavoro fatto per simpatia, non per compenso, intendiamoci bene- è stato apprezzato. E pure se non so nulla di una presunta seconda edizione dell'opera, almeno l'autore si è reso conto di cosa non funzionava e, volendo, ha potuto porre rimedio.
Qualche altra volta a scrittori esordienti, le cui opere ho comprato in diverse fiere, ho dato il mio sincero parere e in linea di massima è stato apprezzato (anche quando c'erano critiche).
Ultimamente le mie rimostranze, perché in questo caso le connotazioni negative superavano abbondantemente quelle positive, le ho fatte al rappresentante di una casa editrice. E mi è dispiaciuto assai doverlo fare, perché è piccola e 'di settore'. Di un 'settore' che potrebbe interessarmi.
Ne ho sfogliato alcuni volumi e li ho sempre lasciati in libreria. Poi, un pomeriggio noioso, ne ho comprato uno. Quindi l'ho letto. E, tralasciando il valore del soggetto e di come viene esposto, ho trovato una serie di incongruenze e di errori che, in scarse cento pagine, non è possibile tollerare.
Mi è capitato, non troppo per caso, di parlarne con qualcuno, appunto, della casa editrice e ho fatto presente queste come altre cose (non tutte negative), ma l'invito a leggere altro - per quanto opere più vecchie- non mi ha dato la possibilità di ricredermi dalla impressione non lusinghiera che ho del tutto.
Ci ho provato anche con un libro, ben più corposo, appena uscito, e caldamente raccomandatomi da loro, ma neanche questo mi ha convinto abbastanza.
Se per i primi due non mi sono neanche preoccupata di far sapere che ne pensavo a chi poteva (forse) interessare, per il terzo ho un piccolo scrupolo, avendo detto all'autore che gli avrei fatto sapere cosa ne pensavo.
Un'altra volta, in una situazione simile, me la sono cavata con un paio di frasi generiche e non compromettenti, ma questa volta non posso e non so cosa fare, se darmi da fare ad elencare le cose che ho notato  ed esporgliele, o sperare ardentemente che l'autore si scordi di me e il caso non ci faccia più incontrare.
Il che non significa che il seguito dell'opera in questione non lo comprerò.
Significa che, data la delusione per questa casa editrice, per il momento la escludo dalla selezione delle possibili a cui mandare in visione quel che sto scrivendo.
Almeno fino a che essa non mi assicuri una certa, secondo i miei criteri, qualità.
Presunzione, la mia?
Credo di potermela permettere.

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