sabato 11 febbraio 2017

Di foto

Ne ho viste diverse, a 'Senza confini', di persone che fotografavano le foto.
O meglio: fotografavano le riproduzioni di esse preparate per questa esposizione.
Certo, qualche foto di una mostra ha senso farla, pure qualcuna di alcuni soggetti, come memoria di quel che ci ha colpito.
E, sì, forse ha senso pure farla bene, se si intende con questo una  buona, tecnicamente riuscita, rappresentazione del soggetto.
Il valore di una foto è nell'attimo di tempo e di spazio ripreso ed eternato.
Non esattamente lo stesso di quello di un quadro, pensato e formato nel tempo, per quanto breve esso possa essere, per un futuro.
E allora, riprodurre la riproduzione di quell'attimo, cosa significa, al di là dello studio e della memoria?
Certo, i cataloghi ufficiali non sono alla portata economica di tutti, ma, probabilmente, il problema non è questo, o, non solo questo.
Mi sembra di rilevare, nell'isolare i soggetti dal contesto, una certa voglia di poter dire: 'L'ho fatto anch'io!'.
Ma cosa? Non certo andare in quel luogo e riprendere quella scena!
Lo studio di un quadro passa anche per la sua riproduzione, certo, ma allora la foto va fatta, similarmente, ex novo. E come il quadro sarà una tua riproduzione, così anch'essa sarà una tua foto!
Quindi, a meno che non si stia preparando un catalogo, ufficiale o personale, non trovo giusto riprodurre quello che viene esposto alla stessa maniera di come se quella immagine la si stesse 'creando'.
Certo, la differenza è sottile e difficile da rilevare, e a chiunque dà fastidio, alla stampa, ritrovarsi spiacevoli intromissioni che l'occhio lì per lì non ha colto. E il digitale, per quanto aiuti, non fa tornare indietro il tempo di quell'attimo magico che, nonostante la staticità di una mostra - a meno che non si sia il fotografo del catalogo, ma quello è un caso diverso - non potrà più essere riprodotto.
Qual è dunque il senso di queste foto?
Perché, in teoria, si è là per vivere l'emozione che l'autore ha provato a trasmettere agli altri attraverso quelle esposte.
Anche un quadro lo si vive e lo si fotografa per riviverlo, ma, per quanto l'intenzione, nel riprodurre una foto d'autore, sia la stessa, il fatto di utilizzare, per far ciò, lo stesso mezzo utilizzato per creare l'originale, una qualche domanda deve pur suscitarla.
Non sto parlando di diritti d'autore e licenze di fare. Mi chiedo solo, al di là del valore di una riproduzione tecnicamente riuscita, qual possa essere il valore di queste opere decontestualizzate.
Ma magari il contesto in cui, chi le produce, inserisce questi lavori, esiste e, semplicemente, non lo vedo io perché non mi piace fotografare le foto altrui.

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